Credo che per capire ancor di più il risultato elettorale del 25 settembre, tutt’altro che inatteso (anzi, previsto addirittura mesi prima della consultazione), si debba fare un salto in Sudamerica e specialmente in Argentina: e non solo perché nel continente latinoamericano, in occasione delle nostre elezioni, si sia assistito a uno show di brogli talmente gigantesco che in una vera Repubblica con uno Stato di diritto avrebbe portato all’annullamento del voto in generale.
Partiamo da una constatazione personale: in occasione delle elezioni il sottoscritto è stato interpellato per ben 39 volte sia da canali televisivi che radiofonici di questo Continente di cui il 12 ottobre è stata celebrata la scoperta ma che rimane per molti versi a noi ancora poco conosciuto, se non attraverso stereotipi ormai assurti a principi incancellabili. Ebbene, in questo mio tour del Sudamerica, a commento del risultato finale e sempre in Argentina mi è capitato di sentirmi porre la domanda se per caso in Italia fosse tornato Benito Mussolini al potere.
Questo, nella pratica, è il frutto, in parte, di un certo martellamento mediatico diffuso anche all’estero specie da parte di una “supposta” sinistra nostrana e che, a dire il vero, alla fine ha rappresentato una minaccia talmente grossolana da non solo non essere creduta dalla maggior parte degli elettori, ma addirittura una parte del consistente successo di Fratelli d’Italia si deve proprio a un elettorato che si sarebbe volentieri astenuto, per protesta contro “il sistema”, ma che poi è stato spinto a votare proprio il soggetto della “campagna della paura” da una rabbia contro chi nel corso degli ultimi 11 anni ha fatto parte di quasi tutti i Governi ma non ha mai mosso un dito almeno nella giusta direzione della difesa dei lavoratori o della “classe operaia” che ormai nel Pd ha lasciato posto a frange radical-chic di benestanti che gridano alle libertà dai loro palazzi sprofondati nel lusso e dagli champagnini ad alta quota. Libertà ben inteso che nulla hanno a che vedere con i quasi 11 milioni di nuovi poveri che, secondo i dati dell’Istat, verranno “proclamati” da questa crisi che non solo negli ultimi 30 anni ha provocato una decurtazione salariale del 2,9% (unico Paese europeo… al penultimo posto di questa “classifica” c’è la Spagna, però con un +15%!), ma pure il fatto che l’Italia è l’unico, anche qui, Paese dove non sia stato applicato il decreto Ue sul salario orario netto minimo garantito (tra gli 8 e i 10 euro).
Ma perché consiglio una vista panoramica sull’Argentina e il suo Continente? Semplice: perché la domanda sul ritorno del Duce mi è stata posta da un Paese che da 75 anni subisce il potere devastante del figlio più perfetto del defunto Benito: il peronismo. Tranne brevi periodi storici e soprattutto due Presidenti (Arturo Illia e Raul Alfonsin nei suoi primi due anni) che hanno tentato di avviare l’Argentina di fatto a trasformarsi in una vera Repubblica con uno Stato di Diritto, la storia del Paese è stata costellata quando non da un potere diretto, da una grande influenza del peronismo.
Quando nel 1939 Peron ebbe l’incarico di assistente addetto militare presso l’Ambasciata argentina di Roma, il suo soggiorno da noi si trasformò in un vero e proprio colpo di fulmine all’ennesima potenza per Mussolini, al punto che un giorno venne sorpreso da una signora addetta alle pulizie, nella camera dell’Hotel dove alloggiava, a imitare il Duce sia nelle pose che nei toni dei discorsi davanti allo specchio dell’armadio. Tentò, senza molto successo, di avvicinarsi e conoscere Mussolini, cosa che gli riuscì superficialmente nonostante lo seguisse pure quando il Duce si recava a sciare sul Gran Sasso: ma al suo ritorno in Patria aveva ben chiaro il suo programma al punto che, quando nel giugno del 1946 assunse la Presidenza argentina chiamò al suo fianco il giornalista Raul Apold (uno dei più grossi esperti di cinema del Paese) incaricandogli di creare e dirigere il suo ufficio di propaganda.
Cosa che venne eseguita magnificamente non solo nell’alterazione mediatica dell’ascesa al potere di Peron, ma anche nella creazione del personaggio di Evita, nella realtà più assimilabile a una donna di ideali nazisti che alla Santa protettrice dei poveri poi immortalata non solo nella agiografia ma pure da una pellicola del 1996 nella quale il suo personaggio venne interpretato da Madonna.
Ma arriviamo al punto cruciale: il peronismo, come il fascismo d’altronde, non solo diede il diritto all’istruzione e al lavoro alle classi più povere, ma anche quello del voto alle donne, malgrado copiasse punto per punto un progetto radicale di anni prima e in questo differisse dal fascismo italiano. Bello sì… ma col piccolo particolare del pensiero unico dominante che non ammetteva altro ideale, che veniva perseguito al motto di “Agli amici tutto…ai nemici nemmeno la giustizia”, ripetuto all’infinito.
Quando nel 1955 Peron venne destituito da un colpo di Stato militare, le casse dell’Argentina erano vuote: dal quarto posto a livello mondiale il Paese entrò non solo nel caos politico, ma pure in uno economico che tuttora registra livelli di inflazione annuali quasi al 100%. Tornato al potere negli anni Settanta anche dietro la spinta di una frangia di sinistra filo-cubana che si era unita al movimento (a dimostrazione di quanto nei totalitarismi gli estremi combacino) in seguito Peron espulse quest’ala dal suo movimento ma quest’ultima si proclamò per sempre a lui fedele, nonostante lo stesso Presidente la combatté creando il fenomeno dei “desaparecidos”, oppositori al potere che sparivano dalla circolazione perseguitati dalle squadre della “Triple A” (Alianza Argentina Anticomunista), fondate dall’amico Lopez Rega. Il Paese precipitò nella guerra civile nella lotta tra destra e sinistra Peronista che alla fine portò l’Argentina del terrorismo alla tremenda dittatura genocida del 1976, due anni dopo la morte di Peron stesso.
Il ritorno alla democrazia nel 1983 ha significato anche quello del peronismo che, nel corso dei decenni, ha subito un’evoluzione solo parziale, mantenendosi nella sua filosofia del pensiero unico e, con l’avvento alla Presidenza di Nestor Kirchner nel 2003, è iniziato un periodo nel quale l’ideologia ha accentuato la sua caratteristica populista, ma, tranne un breve periodo iniziale di due anni, passando da un default economico all’altro dandone la colpa al liberalismo capitalista.
E immergendo l’Argentina nella corruzione più alta mai registrata nella sua storia, procurandosi un sostegno di voto non solo nelle masse di poveri finanziate da sussidi che, nell’attualità, raggiungono il 47% delle spese dello Stato ma anche appoggiando i diritti LGBT con il solo scopo di aggregare anche questa parte della società alla loro ideologia. In poche parole una giustizia nel nome dell’ingiustizia in un Paese nel quale una famiglia indigente (genitori e due figli) coi sussidi ha entrate doppie rispetto a quella di un medico di ospedale e dove si elargiscono pensioni da fame alla maggior parte degli aventi diritto (dopo decenni di versamenti sul lavoro), ma un trans ha la possibilità di usufruire della stessa al compimento del 34° anno.
In pratica attualmente in Argentina il lavoratore viene perseguitato sia a livello di tasse che di diritti ed è ancora una volta arrivato a una situazione insostenibile a causa dell’inflazione galoppante: se tutto quanto ciò vi ricorda qualcosa allora capirete che quella descritta è un pezzo di storia che alla fine, nelle sue conseguenze di abbracciare un pensiero unico falsamente libertario e legato a calcoli elettorali, ha portato masse di persone in Italia a votare “il pericolo fascista” gridato dagli stessi che da anni lo operavano, “dimenticandosi” di una politica del bene comune mai citata nelle loro campagne elettorali. Perché ogni cittadino, senza distinzioni di sesso, ideologia o situazione economica, ne dovrebbe avere diritto e protestare per ottenerla: ma la nostra classe politica, come quella argentina, è immersa ormai in un’orbita che dista mille miglia dalla realtà di un Paese che ora, nella disperazione, gioca la carta dell’alternanza democratica dei poteri, ma senza, purtroppo, molte speranze né con un i-phone ultimo modello o stipendi stellari a disposizione.
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