Francesco, CL e il rilancio del carisma

Nel discorso all'udienza con CL papa Francesco ha rilanciato il compito di tutta la Chiesa e di ogni battezzato che è la missione

Papa Francesco rilancia. E alza la posta. Nel discorso all’udienza con Comunione e Liberazione per il centenario della nascita di don Giussani rilancia il compito di tutta la Chiesa e di ogni battezzato che è la missione: “Sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea”.



Il rilancio della missione

E segnatamente ai membri della Fraternità di Cl: “Vi incoraggio a trovare i modi e i linguaggi adatti perché il carisma che don Giussani vi ha consegnato raggiunga nuove persone e nuovi ambienti, perché sappia parlare al mondo di oggi, che è cambiato rispetto agli inizi del vostro movimento. Ci sono tanti uomini e tante donne che non hanno ancora fatto quell’incontro con il Signore che ha cambiato e reso bella la vostra vita!”



Il papa non affida l’attuazione di questo compito missionario decisivo per la pace a un qualche piano pastorale, né lui sta nelle retrovie del quartier generale a dirigere le truppe bel lontano dal fronte. Si colloca egli stesso in prima linea. Questo, credo, il senso della parola profezia che ha usato: “Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace – Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa davvero, lo dico davvero: mi spaventa –; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri… in ogni nazione e cultura, andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli. Arda nei vostri cuori questa santa inquietudine profetica e missionaria”.



Questa chiamata ad “accompagnarlo” nella missione profetica è il grande rilancio che alza la posta: “[da voi] la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più”.

Il rilancio del carisma

Ora, non si invita a tanto a una forza che non sia affidabile, perché ha i piedi di argilla e poggia sulle sabbie mobili. Francesco ha proclamato tre punti fermi, la roccia sicura.

Primo, il carisma di Giussani: “la passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo”, l’annuncio che Cristo è incontrabile oggi, e che la sua promessa del centuplo, la sua capacità unica di realizzare il desiderio infinito del cuore è verificabile nell’esperienza. A Giussani è dovuta tutta la gratitudine “per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa”, attraversando – questo lo aggiungo io – anche diffidenze e ostilità nello stesso mondo cattolico. Comunque adesso “è nella comunione dei Santi”.

Secondo: la permanenza del carisma oggi. Questo carisma è rimasto per così dire stabile nelle temperie dei cambiamenti, ed è una grazia imperdibile per l’oggi: “Abbiate a cuore il dono prezioso del vostro carisma e la Fraternità che lo custodisce, perché esso può far fiorire ancora molte vite”. E dunque: “Non è il carisma a dover cambiare: esso va sempre nuovamente accolto e fatto fruttificare nell’oggi”.

Terzo: la guida di Julián Carrón. Dopo la scomparsa del fondatore, si apre necessariamente una fase non facile e delicata di transizione in cui si tratta di assicurare la fedeltà al carisma originario e la fedeltà alla Chiesa di fronte a sempre nuove sfide. Carrón è stato un buon traghettatore, “bisogna ringraziarlo per il suo servizio nella guida del movimento per questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della comunione con il pontificato” (come sempre fece Giussani, per il quale “è un’esigenza irrinunciabile dell’incarnazione – sono sempre parole di Francesco – questo continuo scambio tra istituzione e carisma”.

Il rilancio dell’unità

Roma locuta, causa finita? Una volta si diceva così. Che tradotto alla buona significa “Una volta che il Papa si espresso, non c’è più da stare a questionare”. “Questionare”, che è diverso dal sano discorrere e confrontarsi per capire, è buttare tempo in chiacchiere e creare divisioni e correnti peggio che un partito. Alla fine, quel che è peggio ancora, provocando un calo di tensione spirituale e di presenza vivace ed operosa. Non è dunque formale o disciplinare il richiamo all’unità. Una unità inclusiva e sinfonica, capace di comprendere e armonizzare in un giudizio di fede e in un arricchimento reciproco le diversità di sensibilità, di propensioni, di età, di storia e di opinioni.

P.S. Può essere successo di aspettarsi dal discorso del papa lodi o tirate di orecchi da conteggiare e pesare sulla bilancia. Credo che ascoltandolo, nessuno si sia attenuto a questo metro di misura. Per il papa il popolo ciellino ha mostrato entusiasmo incondizionato, segno anche questo dell’educazione ricevuta da Giussani.

Ma c’è da correggersi? Sempre. Tutti.

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