IL CARDINAL ZUPPI SUI CATTOLICI IN POLITICA: “CONTA STARE IN STRADA, POI…”
Nella settimana in cui il nuovo Governo di Centrodestra si appresta a formarsi, con un Presidente della Camera (Lorenzo Fontana) attaccato da opposizioni e media per il suo essere “molto cattolico”, è stato chiesto al Presidente della CEI Cardinal Matteo Maria Zuppi proprio un giudizio in merito al tema dei cattolici in politica. Intervistato dal “Corriere della Sera”, l’arcivescovo di Bologna afferma «I cattolici in politica? Ma la presenza è stare per strada. Prima di tutto dobbiamo essere cristiani, non possiamo pensare di esserlo perché facciamo politica e spesso finiamo per farla male».
Con riferimento ai politici fedeli come Lorenzo Fontana o la stessa Giorgia Meloni, il Card. Zuppi osserva con positività il fatto che Papa Francesco sia divenuto un punto di riferimento importante per moltissimi: poi però aggiunge, «la differenza è nella prassi. Non tanto in quello che uno dice, ma in ciò che fa. Ad esempio la Laudato si’ è molto evocata ma purtroppo troppo poco applicata». Maggiore presenza in politica per recuperare terreno nel dibattito culturale e sociale? Per il Cardinal Zuppi e pure per il Santo Padre non è questa la “ricetta”: «Per Papa Francesco la presenza è stare per strada, incontrare e appassionare con la gioia del Vangelo! Prima di qualsiasi altra cosa dobbiamo essere cristiani, altrimenti possiamo finire di pensare di esserlo perché facciamo politica e spesso finiamo per farla male! Nell’enciclica Fratelli tutti il pontefice parla di amore politico. A questo aggiungerei anche amore che diviene cultura». Secondo il capo della Chiesa italiana sono le azioni che devono partire da una vita cristiana, «da una comunione vera, non virtuale e da una caritativa che unisce ai nostri fratelli più piccoli che sono i poveri! E poi il cattolico deve tradurre la dottrina sociale sempre con la necessaria mediazione e laicità, che poi è la storia comune a tutti».
CARD. ZUPPI CITA DON GIUSSANI: “GESÙ NON È UNA MORALE MA È UN INCONTRO LIBERO DI AMORE”
Sempre al “Corriere” il Cardinal Matteo Maria Zuppai specifica come la Chiesa non debba essere chiusa nel privato per esercitare la propria laicità, «non è prigioniera dell’individualismo, fa sentire la propria voce perché ama le persone e vive nella storia, con la necessaria laicità». Davanti alla possibilità che l’esporsi nella vita pubblica con le proprie convinzioni cristiane e i propri valori sia un fattore divisivo, l’arcivescovo di Bologna sottolinea «La fede è di tutti e non può esser divisiva. Ci impegna a non avere nemici, ad accogliere tutti. Certo non significa mica andare d’accordo con tutti, ma ricordarsi sempre che l’altro è mio fratello! La fede va testimoniata con la vita».
Durante l’udienza di sabato 15 ottobre a Roma con il Movimento di Comunione e Liberazione, Papa Francesco ha sottolineato in più passaggi la necessità di “fare di più” tutti per la vita della Chiesa: «Giussani aveva una passione straordinaria per l’umano, perché aveva incontrato l’uomo Gesù. Papa Francesco lo ha ricordato: Gesù non è una morale, non è un sistema intellettuale, non è un riferimento che giustifica altre scelte. Ma è un incontro, libero, gratuito, di solo amore. Una storia d’amore». Trattando il tema dell’impoverimento della presenza nella vita pubblica, Papa Francesco non parla certo solo a CL ma riguarda tutti secondo il Cardinal Zuppi: «L’impoverimento della presenza non è certo un problema specifico di Cl, riguarda tutti noi quando siamo autoreferenziali, timidi perché manca la passione per l’uomo, la libertà dell’incontro, una compagnia che non si chiude e non diventa una forza di occupazione ma di testimonianza. La vera identità è essere pieni di Lui e comunicare con la vita la sua presenza». Parlando ieri in un evento a Bonifati provincia di Cosenza, il Presidente della CEI Zuppi ha rilasciato un commento in merito al nuovo appello posto da Papa Francesco per la pace in Ucraina: «Dopo 80 anni ancora siamo costretti a vedere i morti. Ecco perché anche quell’articolo 11 della Costituzione italiana, per ripudiare la guerra – oggi in Ucraina, ma anche nel resto del mondo, grandi e piccole che siano, finanche nelle stesse famiglie – è così attuale. E la seconda parte dell’articolo, a cui tanto lavorò Dossetti, è ancora più importante: meglio perdere un pezzo di sovranità e risolvere i conflitti. Invece di prendere le armi, discutiamo. Qualcuno faccia davvero da arbitro dunque, per far sì che il fratello non ammazzi il fratello».