La mitica campanella del potere esecutivo passa questa mattina dalle mani di Mario Draghi a quelle di Giorgia Meloni e il nuovo Governo si mette subito al lavoro. Si deve rimboccare le maniche e ha bisogno di farlo in fretta perché la congiuntura è densa di pericoli esterni e interni, ammesso che abbia ancora senso tracciare un confine.
L’Europa è divisa politicamente, ma i destini delle nazioni restano intrecciati, se ne sono accorti anche i più isolazionisti tra gli inglesi. La copertina dell’Economist con Liz Truss travestita da mitica Britannia con elmo, scudo e una forchettata di spaghetti, sotto il titolo Britaly, sembra di cattivo gusto perché titilla i soliti pregiudizi, ma dimostra che nemmeno la Brexit ha potuto separare le due rive della Manica.
Nuovi grattacapi, invece, si preparano a Francoforte perché la Bce potrebbe decidere un nuovo aumento dei tassi d’interesse. Anche se un sollievo per il Governo Meloni viene da Standard&Poor’s: l’agenzia di rating ha confermato le tre B per il debito italiano con outlook stabile. Tre B resta un brutto punteggio, forse ingiusto, l’Italia è messa al pari della Bulgaria, ma poteva andar peggio. Un’altra notizia promettente arriva dal Consiglio europeo perché è stato raggiunto un accordo sul gas, il bicchiere però resta più vuoto che pieno. I troppi disaccordi tra Francia e Germania sulla risposta alla crisi dell’energia e sul rafforzamento della difesa europea hanno costretto a cancellare il Consiglio dei ministri congiunto in programma mercoledì prossimo a Fontainebleau. Il primo incontro fisico dall’inizio della pandemia è stato rinviato a gennaio prossimo perché non sarebbe stato possibile sottoscrivere una dichiarazione congiunta sulla cooperazione bilaterale e sulle politiche dell’Ue.
Domani verrà a Roma Emmanuel Macron, vedrà papa Francesco e Sergio Mattarella, non è previsto un incontro con Giorgia Meloni, ma potrebbe essere un fuori sacco come si dice in gergo diplomatico, magari stimolato dallo stesso Mattarella. Il presidente francese ha dichiarato che comunque è pronto a lavorare con il nuovo Governo al Consiglio europeo. L’Italia aveva pensato di approfittare dello scarso feeling (è un eufemismo) tra Macron e il cancelliere tedesco Scholz per formare un triangolo Roma-Parigi-Berlino alla guida dell’Ue. Ma tutto dipendeva dal rapporto personale che si era stretto tra Macron e Draghi, più che da strategie di medio periodo. Il Trattato franco-italiano del Quirinale è stato attaccato da Giorgia Meloni (aveva usato l’aggettivo “scandaloso”, chissà se lo farebbe ancora) e i francesi, già di per sé permalosi, non lo hanno dimenticato. Adesso bisogna ricucire lo strappo e non sarà facile: l’entusiasmo di Marine Le Pen per la vittoria della destra trasforma la politica italiana in politica interna della stessa Francia. Una Unione divisa e senza una chiara leadership può piacere agli euroscettici, però fa del male soprattutto ai Paesi con maggior livello di integrazione non solo economica, ma strategica.
È un quadro turbolento che non offre alternative al Governo Meloni: il suo primo atto dovrà essere per forza di cose un altro provvedimento contro il caro bollette che eroghi sostegni monetari a famiglie e imprese. È da vedere quanto sarà ampio e qui si confronteranno subito i prudenti che non vogliono esordire con un mega scostamento di bilancio e gli arditi alla Salvini che vogliono subito una sessantina di miliardi di euro aumentando il disavanzo tra 3 e 4 punti percentuali di Pil, da trovare un po’ con il “tesoretto” lasciato da Daniele Franco grazie alla forte crescita del 2021 fino a metà di quest’anno (peraltro quasi del tutto consumato dall’ultimo decreto Draghi) e soprattutto indebitandosi sul mercato. Con tassi sempre più alti una tale politica fiscale potrebbe diventare sconsiderata. Quali alternative ha il nuovo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti?
L’aiuto europeo è debole e rischia di arrivare in ritardo. Prendiamo i due tetti ai prezzi. Quello del gas, fortemente richiesto dall’Italia, si traduce in un “corridoio di prezzi temporaneo e dinamico” sulle transazioni di gas naturale, per “limitare i prezzi eccessivi”. Restano tuttavia le resistenze di Germania e Paesi Bassi appoggiati da Viktor Orbán: “Sarebbe come andare al bar e dire che si vuole pagare la birra a metà prezzo”, ha detto il premier ungherese. Anche il secondo cap è “temporaneo”: serve a limitare il prezzo del solo gas utilizzato per produrre energia elettrica, in un modello già sperimentato per Spagna e Portogallo e per questo chiamato “eccezione iberica”. Pur con qualche riserva, alla fine, ha ceduto anche la Germania, ma il meccanismo è tutto da costruire. Ci penseranno i ministri dell’industria, poi forse ci vorrà un nuovo Consiglio europeo.
L’ultima delle misure concordate riguarda gli interventi a “livello nazionale ed europeo” per far fronte alla crisi. Qui è la Francia a frenare: secondo Macron non c’è bisogno per ora di un massiccio ricorso a debito condiviso tipo il Recovery fund. Si punta a mobilitare fino a 40 miliardi di euro di fondi di coesione per aiutare chi è stato più colpito. Davvero poco. Su pressione italiana è stata inserita una menzione a “soluzioni europee comuni, laddove appropriate”: qualcosa che potrebbe riferirsi a un programma come Sure, pensato per contrastare la disoccupazione durante la pandemia da Covid-19. Intanto la Germania, scettica sui tetti ai prezzi, ha imboccato la via dei sussidi massicci mettendo in campo 200 miliardi di euro. Se lo può permettere con un debito che conta sul massimo rating (le tre A), l’Italia no.
È questo il dilemma europeo: la crisi energetica e l’aggressione russa in Ucraina hanno di nuovo allargato quel divario interno all’Unione che la risposta alla pandemia aveva cercato di ridurre. Si torna alla casella di partenza, ma questo gioco dell’oca non fa certo bene all’Italia.
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