Liliana Segre e il terribile viaggio verso Auschwitz
Era il 30 gennaio del 1944 quando Liliana Segre, oggi novantaduenne e senatrice a vita della Repubblica Italiana, si ritrovò su un carro bestiame al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, dove migliaia di ebrei erano destinati alle camere a gas, per via della persecuzione nazifascista. Dei quasi ottocento bambini italiani che furono deportati nei campi di concentramento, sopravvisse solo Liliana ed altri ventiquattro giovanissimi.
“Era l’11 settembre 1943. Avvenne allora la mia prima separazione dagli affetti familiari. Quel giorno feci la valigia e partii con il signor Pozzi, sfollato in Val d’Ossola, in Piemonte”, ha raccontato Liliana Segre sulle pagine di Focus Junior. “Quel Pozzi fa parte degli amici eroici. Era venuto a prendermi per mettermi in salvo; io non volevo andare, ma mio padre mi obbligò, fu irremovibile. Il signor Pozzi e la sua famiglia mi tennero nascosta con documenti falsi per oltre un mese, finché poterono”.
Liliana Segre e la liberazione: “Eravamo esauste ma felici”
“Quando i tedeschi iniziarono a fare controlli sui documenti, mio padre capì che non ero più al sicuro”, la testimonianza di Liliana Segre, che racconta un’altra fuga, con destinazione casa Civelli, fino all’arresto nel tentativo di fuga in Svizzera. “Fummo arrestati. Per quella guardia di frontiera eravamo dei bugiardi: non era vero che gli ebrei in Italia venivano perseguitati”.
Quindi l’ordine di deportazione e il viaggio verso il campo di concentramento di Auschwitz, dove rimase un anno e mezzo, lavorando in una fabbrica di munizioni insieme ad altre 700 donne e ragazze. Ma a metà gennaio del 1945, con l’avanzare dei russi, Liliana insieme agli altri prigionieri, cominciò una marcia fino al campo di Malchow, in Germania, dove restò fino all’aprile del 1945. La liberazione, insperata, il primo maggio: “Eravamo esauste ma di una felicità che, ancora oggi, non saprei descrivere per quanto era grande. Eravamo ancora vivi”.