Nell’ultima puntata del Grande Fratello Vip abbiamo assistito al ritorno di Marco Bellavia. Momento attesissimo, c’è chi sussurra che dalla depressione non si può guarire così in fretta, a soli dieci giorni da quando era uscito distrutto, e c’è chi come Orietta Berti afferma che, quando si ritorna in famiglia dalle persone che ami, ogni depressione scompare. Che ci sia o meno l’aiuto di qualche farmaco o di un esperto psicologo, non importa: l’episodio di bullismo che ha segnato Bellavia e con lui ha risvegliato nel pubblico lo sdegno verso l’indifferenza torturatrice degli altri concorrenti, è stato al centro di questa edizione, perché imperdonabile. E dopo che il GF ha squalificato e destinato alla gogna diversi concorrenti, Marco Bellavia ha voluto le pubbliche scuse da parte dei suoi boia.
Dietro a questo diabolico meccanismo di attacco di gruppo, ci si chiede come mai ognuno abbia saputo sfoderare con lacrime e dramma i traumi del proprio personale passato, come Cristina Quaranta nei numerosi lutti consecutivi o Elenoire Ferruzzi per le sue battaglie di genere, mentre davanti a un Marco piangente tutti abbiano assunto una maschera di assoluta indifferenza o addirittura di attacco (la frase di Elenoire sul fatto che Marco Bellavia fosse da neuro, ne è un infelice esempio). Quasi a testimoniare che la depressione del prossimo possa diventare come una lebbra contagiosa: se non la disprezzi ti attacca. Altrimenti non si può spiegare la durezza con cui, non solo al Grande Fratello, ma nella società, si affronta spesso il bullizzato: come un capro espiatorio per bruciare, con le sue lacrime, anche le proprie. Una specie di rito diabolico per cui si mette al rogo la strega per seppellire con lei la propria angoscia. Quel “si merita d’esser bullizzato della Lamborghini”, il “non lo voglio nel mio letto” di Pamela Prati che al momento del dunque non è stata capace di gettare un salvagente a mare (facile è poi giocare con le parole: recupereremo baci all’uscita), le unanimi nomination come pietre che hanno lapidato le ultime gocce di fiducia di Marco Bellavia.
“MARCO BELLAVIA AL GF VIP ERA CIRCONDATO DA PERSONE ABITUATE A SOFFOCARE IL PROPRIO DOLORE”
Ma chi entra al Grande Fratello Vip ci deve entrare con un cuore di pietra, già per il fatto di essere in un certo ambiente che è giungla pura e se sei debole soccombi divorato da chi ha più forza di te nel prendersi la sua corona. Fatti fuori i dolci, restano coloro che hanno affinato l’arte della spietatezza. Nel caso di Marco Bellavia abbiamo avuto un gruppo di persone che non ha visto il dolore perché abituato a soffocare il proprio. Come se anestetizzando le proprie emozioni si riuscisse a fare più strada. E Marco, che finalmente uscendo ha ritrovato la sua famiglia, gli affetti veri, l’amore del figlio e gli amici, si è reso conto della crudeltà che può attraversare il mondo dello spettacolo, dove se sei tenero sei già carne da macello.
Marco Bellavia ha voluto le sue scuse, giustamente, ma quando un ferito da bullismo incontra le scuse pubbliche in un bagno di cenere e mea culpa, contrariamente a quello che si crederebbe non risolve il problema. Il problema principale del bullizzato non è infatti l’altro, ma il proprio ego ferito. Esigere delle scuse non aiuta a superare questo momento. Doveroso in televisione perché non deve passare un messaggio di tortura e umiliazione, la vera arma contro il bullismo è coltivare l’amore di se stesso cominciando a non dare peso a quello che ti dice l’altro. Nessuno può esser così importante da riuscire a toglierti il sorriso. Tu non sei lo schiavo di nessuno ed è quello che insegno continuamente ai miei figli. Se uno ti prende in giro, è perché la tua insicurezza, la tua paura, è come un odore: attira il cane che ti morde. Il vittimismo chiama il sadico, ma quando una persona all’interno è completa, senza incrinature, il bullo non ti attacca, va a cercare altre vittime. Perché purtroppo siamo ancora animali e il predatore sa dove c’è carne tenera da divorare.
“MARCO BELLAVIA? L’INDIFFERENZA AL MALE È GIÀ VITTORIA”
Auguro a Marco Bellavia e a chi è vittima di bullismo di imparare a diventare davvero libero dai vincoli della cattiveria altrui, a non esser schiavi di nessuno. Il sadico, l’aggressivo, il torturatore non si vincono sul piano umano, della dimostrazione, della vendetta o rivendicazione di un diritto, ma con l’indifferenza. L’indifferenza al male è già vittoria. Perché dall’altra parte, dietro la maschera del sadico, c’è una persona che ha le medesime ferite della vittima e la cui sofferenza cristallizzata si è trasformata in una maschera di bullismo.
Quando la vittima capisce questo segreto, arriva alla compassione e al compatimento: per fortuna non sono come chi mi perseguita, pensa se fossi al suo posto come soffrirei! L’imitatio Christi di quel famoso: perdona loro che non sanno quel che fanno, non è debolezza, ma vittoria sull’orrenda parte della natura umana. E poi bisogna girare la schiena e andartene, scuotendoti la polvere da sotto le suole, felice di esser libero da chi ha provato ad ucciderti…