Pessime notizie dal fronte dei prezzi per l’economia italiana e per il nuovo Governo che si è insediato solo nello scorso fine settimana. Nel mese di ottobre che si sta concludendo l’inflazione, misurata dall’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), ha avuto una straordinaria accelerazione, con un balzo di ben 3,5 punti percentuali rispetto al mese precedente il quale, tenuto conto che nello stesso mese dello scorso l’aumento era stato solo dello 0,7%, ha portato il tasso tendenziale, che misura l’aumento dei prezzi su base annuale, addirittura all’11,9%, con una crescita di tre punti esatti rispetto all’8,9% registrato in settembre.
Un dato così elevato non si vedeva dal lontano 1984, ma ai tempi l’inflazione era in diminuzione e non in rialzo, e inoltre era ancora attivo il meccanismo della scala mobile, il quale, se da un lato contribuiva ad alimentare l’inflazione stessa attraverso la spirale salari-prezzi, dall’altro tuttavia ne attenuava l’impatto sul potere d’acquisto delle famiglie e ne evitava in conseguenza il potenziale recessivo che si sarebbe manifestato qualora esse avessero dovuto contrarre i consumi per far fronte ai maggiori prezzi a parità di reddito disponibile.
Oggi il potere d’acquisto dei salari non è più difeso dalla scala mobile e neppure dai contratti collettivi in essere, i quali sono stati sottoscritti negli anni scorsi in assenza di previsione del boom dei prezzi, giunto del tutto inatteso sulle economie occidentali. Dunque, in assenza di strumenti contrattuali collettivi, la difesa del potere d’acquisto è divenuto un compito diretto del Governo il quale si ritrova con questo nuovo e difficile compito avendo ereditato da chi c’era prima solo il problema, senza tuttavia i corrispettivi strumenti d’intervento. In sostanza, nel palazzo del governo c’è l’incendio dei prezzi, ma non vi è alcun estintore dato che nell’ultimo quarto di secolo non vi era stato alcun incendio e pertanto non serviva alcun estintore.
Ma da cosa è stato prodotto questo rilevante balzo mensile? Ancora una volta dai beni energetici, come ormai da più di un anno a questa parte. Infatti, nel solo mese di ottobre i beni energetici il cui prezzo è regolamentato hanno avuto un incremento sul mese precedente del 28,4%, praticamente identico a quello degli energetici non regolamentati (28,3%). Su base annua, invece, i regolamentati hanno invece avuto un incremento tendenziale del 62,1% (rispetto al 47,7% di settembre), mentre i non regolamentati addirittura del 79,5% (rispetto al 41,2% di settembre), per un tendenziale globale di tutti gli energetici del 73,2% (rispetto al 44,5% di settembre).
Al di fuori del comparto energetico nessun settore subisce aumenti stellari dei prezzi, tuttavia anche i beni alimentari non se la passano bene, avendo anch’essi registrato una crescita a doppia cifra negli ultimi dodici mesi, il 13,1%, rispetto all’11,4% di settembre, con una piccola differenza tra gli alimentari lavorati (+13,4%) e i non lavorati (+12,9%).
Le tensioni inflazionistiche generate dall’energia attraversano comunque quasi tutti i comparti merceologici e sono sintetizzabili nell'”inflazione di fondo”, calcolata al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che accelera dal 5,0% a 5,3%, e quella al netto dei soli beni energetici che sale dal 5,5% al 5,8%. Al suo interno i beni non energetici e non alimentari salgono dal 4% al 4,5%, mentre i servizi dal 3,7% al 3,9%. All’interno dei servizi si registrano due comparti in calo, per fattori per lo più stagionali: tanto i Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona che quelli di trasporto diminuiscono nel mese dello 0,8%. Pertanto il tendenziale del primo si riduce al 5,1% dal 5,7%, mentre quello del secondo resta invariato al 7,2%.
L’inflazione acquisita per il 2022, quella che si manifesterebbe se l’indice dei prezzi restasse completamente fermo, è pari all’8,0% per l’indice generale e al 3,7% per la componente di fondo. È tuttavia evidente che non sarà così, e dunque ci domandiamo se alla fine dell’anno la crescita media annua dei prezzi avrà oltrepassato il 9%.
Intanto nei dodici mesi terminanti a settembre scorso le retribuzioni contrattuali sono aumentate secondo l’Istat solo dell’1,1% e poiché il dato di ottobre non sarà significativamente diverso possiamo vedere come quasi tutto l’aumento dei prezzi in corso si sta traducendo in una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie. Se la corsa dei prezzi non sarà arrestata in breve tempo andremo inevitabilmente incontro a una caduta dei consumi in termini reali e a una conseguente recessione da contrazione della domanda che potrà anche essere severa.
Grafico 1 – Prezzi al consumo (Tassi di variazione tendenziali calcolati sull’indice NIC)
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