La novità è che la Cassazione ha ammesso il lavoro nero in una causa di divorzio sottolineando però che non si può considerarlo come lavoro vero e proprio e per questo ha costretto un ex coniuge a pagare l’assegno di divorzio. La stessa sentenza era stata emanata prima dal tribunale di Treviso e poi anche dalla Corte d’Appello di Venezia.
Assegno di divorzio: “Versare l’assegno a chi lavora in nero è legittimo”
Ecco le motivazioni della sentenza: “L’assegno versato dall’ex coniuge alla sua ex moglie è legittimo. Infatti, nonostante la donna svolga un lavoro nero come donna delle pulizie l’ex marito non può venir meno all’obbligo di versare l’assegno di divorzio”.
E con questo la Cassazione mette fine ad una annusa questione che riguarda le liti-coniugali in tema di mantenimento. Infatti molti ex coniugi sono in lite perché costretti a versare un assegno di mantenimento anche se l’ex lavora in nero Punto la legge non potrebbe ammettere il lavoro nero come un mezzo di sostentamento ed è per questo motivo che considera legittimo versare l’assegno di mantenimento anche se il lavoro della donna è a nero.
Nel caso in esame l’ex coniuge versava un assegno di importo mensile pari a 270 euro su una pensione di 1700. a questo reddito si aggiungono anche le varie rate che l’uomo pagava e che vanno inevitabilmente a diminuire il reddito disponibile. Invece la donna percepiva 500 euro di pensione e 160 euro di lavoro a nero a settimana.
Assegno di divorzio: “Fondamentale stabilire se l’ex coniuge può condurre una vita dignitosa e libera”
Quindi su un ammontare complessivo di 660 euro la donna necessitava anche dell’assegno di divorzio di 270 euro versati dal marito. Sempre l’ex coniuge possedeva comunque in banca 52.000 risparmiati negli anni di cui il 50% sono derivati dalla separazione.
Per i giudici non basta, La donna ha diritto ad avere una esistenza dignitosa mediante anche la concessione dell’assegno di divorzio.
La scelta di attribuire e ristabilire l’importo dell’assegno di divorzio “si è basata su due aspetti imprescindibili tra loro”, come sottolinea la suprema Corte “È importante infatti valutare quanto ammontano le risorse economiche dell’ex moglie e, in qualità di parte debole, ma bisogna anche tenere in considerazione se queste stesse risorse le consentano di condurre una vita dignitosa e libera”.