“Con la chiusura di 18 stalle, e quella prossima di altre 2 in arrivo, non abbiamo più materia prima, ci manca oltre il 15% di latte“. Così Sergio Paoli, direttore della Latte Trento, grande polo del latte trentino, spiega all’Informatore Zootecnico le difficoltà che hanno indotto a una decisione tanto drastica quanto dolorosa: “Abbiamo fermato tutte e due le linee di produzione di Trentingrana, sia quella della sede centrale di Trento che quella del caseificio di Pinzolo, chiuso completamente”.
I caseifici devono fare del resto i conti con una morsa che li stringe su due fronti diversi. Da un lato, ci sono gli aumenti dei costi di produzione interni. “Fino allo scorso anno – sottolinea Paoli – la nostra bolletta elettrica era di poco superiore ai 40mila euro, l’ultima è di 800mila”. Dall’altro c’è il comparto produttivo a monte della filiera, messo in ginocchio dalla contingenza. Coldiretti stima che, a causa del caro bollette, quasi una stalla su dieci (9%) si trovi in una situazione così critica da portare alla chiusura.
A strozzare gli allevatori italiani – precisa Coldiretti – è un’esplosione delle spese medie di produzione del 60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al 95% nel caso dei mangimi, al 110% per il gasolio e addirittura al 500% nel caso delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte. Una situazione critica, dunque, che diventa ancora più drammatica in montagna dove – rileva sempre Coldiretti – il caro bollette sta costringendo le stalle a chiudere e abbattere gli animali, con un calo stimato della produzione di latte del 15% che impatta sulla produzione dei formaggi di alpeggio.
È dunque a rischio – conclude Coldiretti – l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni che ha regalato all’Italia la leadership a livello europeo davanti alla Francia, la patria del camembert che, come affermava De Gaulle, ha più formaggi che giorni nel calendario.
Un patrimonio che deve purtroppo fare i conti anche con un’altra criticità: la revisione della Direttiva Ue sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate.
Una prospettiva che deve essere scongiurata – dice Coldiretti – perché finirebbe per produrre un effetto boomerang: vedere sostituita la capacità produttiva italiana da importazioni provenienti da Paesi che non applicano le pratiche sostenibili nell’allevamento in vigore nel sistema produttivo europeo o, ancora peggio, dalla spinta alla produzione di cibi sintetici.
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