Per quanto concerne la qualifica commerciale degli enti del terzo settore (Ets) o enti no profit, è stata introdotta la nozione di costo effettivo, quindi un costo determinato dai costi diretti e da quelli indiretti, anche quelli generali imputabili al bene o al servizio.
Enti non profit: cosa prevede la normativa?
A stabilire lo stato il consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili con il documento del 26 ottobre scorso che ha recepito le modifiche introdotte dal decreto 73/202 convertito nella legge 122/202 vale a dire il decreto semplificazioni fiscali.
Dal punto di vista tributario , il documento ricorda le modifiche operate sull’articolo 79 del decreto 117/2017 nell’ottica di armonizzare la disciplina domestica alle posizioni comunitarie, per la qualificazione degli enti del terzo settore.
La prima modifica riguarda appunto le posizioni comunitarie per la qualificazione degli enti del terzo settore, come ente commerciale oppure non commerciale ai fini dell’imposizione diretta e di imposta indirette di tributi locali. La prima modifica quindi riguarda i 180 giorni previsti per la verifica del possesso dei requisiti per l’iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore.
Enti non profit: cos’è il criterio per il “costo effettivo”?
A tal proposito l’indicazione di come stabilire le regole per questa determinazione si rintraccia nei costi effettivi e quindi quelle che incidono sulla qualifica commerciale non commerciale dell’ente in relazione all’attività di interesse generale.
In pratica i costi effettivi sono quelli indiretti e i costi generali, compresi quelli finanziari e tributari che rendono esplicito il superamento della nozione di costi di diretta imputazione e quindi viene adottata la locuzione costo pieno.
In pratica si va a determinare silente avrebbe degli utili dall’attività svolta e, qualora ci fossero in che modo vengono impiegati.
Tutto ciò serve a definire la natura non commerciale dell’attività di interesse svolta da questi enti che continuano non considerarsi non commerciali quando i ricavi delle attività non superino il 6% anziché il 5% i costi per ciascun periodo di imposta.
Qualora avente non risponde ai requisiti, questi verrebbero considerati ETS non commerciali oppure ETS commerciali.
Il Consiglio dell’Ordine dei commercialisti però sottolinea l’impatto negativo che la retroattività della norma creerebbe negli enti italiani. Quindi vorrebbe considerare la limitazione temporale e auspicando quindi l’adozione in modo da consentire agli enti di mutare la qualifica nel corso dell’esercizio.