Le nuove pensioni fra Maroni e Fornero

La riforma delle pensioni si annuncia come il vero dossier politico-economico su cui il nuovo Governo misurerà le proprie ambizioni e capacità

Appena dietro l’inflazione da energia, la riforma delle pensioni si annuncia come il vero dossier politico-economico su cui il nuovo Governo misurerà le proprie ambizioni e capacità. La stessa revisione del Reddito di cittadinanza appare in parte derubricata: la recessione – al di là del +0,5% del Pil nel terzo trimestre – è sempre dietro l’angolo e il clima sociale nel dopo-voto contribuisce a consigliare passi graduali.

L’aggiustamento ennesimo del sistema previdenziale si profila dal canto suo come una manovra politica strutturale: che sarebbe un errore anzitutto per i partiti della maggioranza lasciare in balìa della tattica breve. Ma non sarebbe corretto neppure criticare pregiudizialmente i primi brainstorming fra forze politiche, parti sociali, tecnici ed esperti. La questione è di assoluta complessità politica, dovendo far sintesi fra esigenze di finanza pubblica (in chiaro orizzonte restrittivo nel periodo medio lungo), competitività dell’Azienda-Paese (industria e mercato del lavoro) nel dopo-Covid e dopo-Ucraina, contrasto delle diseguaglianze sociali e perfino politica della famiglia (“della natalità” secondo il Governo Meloni).

La riproposta di Quota 100 (come 102 e 103) – al di là di rispolverare il brand della Lega nel primo governo Conte – ha dalla sua risultati non disprezzabili: 380mila italiani ne hanno usufruito in tre anni, liberando posti di lavoro, anzitutto nella Pa. E questo è avvenuto, in fondo, con un’operazione di flessibilizzazione temporanea e non di distruzione dell’impianto normativo della riforma Fornero del 2011, tuttora punto di condivisione con l’Ue. Il costo di Quota 100, stimato in 23 miliardi, non è stato tuttavia indifferente (anche rispetto ai 9 miliardi all’anno del Rdc) ed è forse il punto debole potenziale di una ripartenza tout court da Quota 102/103. Un correttivo possibile sarebbe includere meccanismi di penalizzazione delle prestazioni per chi si ritira anticipatamente. Punto su quale le organizzazioni sindacali hanno finora fatto muro.

Dal mondo produttivo – ma non solo: basti pensare alla sanità  – sta riemergendo una diversa preoccupazione: che ogni nuovo ammorbidimento della legge Fornero e ogni nuovo incentivo alla pensione anticipata privi le imprese di risorse professionali ancora molto ricche di valore. Di qui la riproposta delle scelte di un ex vicepremier leghista, Roberto Maroni. Il contro-incentivo a ritardare il pensionamento risale alla riforma varata dal governo Berlusconi-2 nel 2004. Quasi vent’anni dopo è evidente che la sua gittata generalista è poco praticabile, benché – al pari del Reddito di cittadinanza – non siano di facile costruzione meccanismi selettivi. Quali categorie, quali singoli lavoratori meritano incentivi a rimanere occupati dove sono? Quali rapporti costi/benefici devono essere studiati in termini di sostituzione anagrafica della forza lavoro?

Quota “10X” e nuovi “incentivi Maroni” – assieme – spingono un Governo ambizioso ad allargare riflessioni e scelte. Il passaggio rigido (dal lavoro alla pensione anticipata con eventuale penalizzazione) può essere reso più articolato con percorsi di uscita graduale e con la permanenza del lavoratore anziano/esperto come consulente e formatore? Possibili rimodulazioni delle formule “opzione donna” possono essere legate all’impegno di una futura “pensionata anticipata” a  sostegno di lavoratrici più giovani con figli piccoli? Un pensionato anticipato – con penalizzazione – va incentivato o no ad avviare una nuova attività d’impresa o di lavoro autonomo? Il governo Conte-2 (al Mef c’era il “dem” Roberto Gualtieri) ha lanciato un segnale chiaro: il pensionato – qualunque – è escluso da ogni regime agevolato Iva; si goda la pensione e stia lontano dal mondo delle imprese e del lavoro. Ma è stata una decisione corretta?

Fra la scure calata undici anni fa da Elsa Fornero – su prescrizione Ue – e gli incentivi lanciati in precedenza “dall’elicottero” da Maroni possono trovare spazio più di cinquanta gradazioni di “previdenza 4.0”. Un Governo che si propone come “politico” – dopo un decennio di esecutivi para-tecnici – ha il dovere, prima che il potere, di provarci.

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