Non pochi autorevoli protagonisti della politica internazionale e non poche istituzioni avevano con assoluta certezza pronosticato il crollo economico della Russia nel giro di poco tempo. Pensiamo, ad esempio, al Commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, al Fondo monetario internazionale, che aveva previsto una recessione dell’8,5% a marzo, o alla Banca mondiale, che sottolineava un calo del 4% del Pil russo.
Tuttavia, fino a questo momento, sono i Paesi europei ad aver subìto una forte recessione: Berlino per salvaguardare la sua industria ha fatto un investimento di 200 miliardi di euro. E che dire dei settori colpiti anche dalla pandemia, oltre che dall’attuale crisi determinata dalle sanzioni poste in essere in Russia? Stiamo parlando dei settori della chimica, dell’acciaio, della produzione di fertilizzanti.
Fino a questo momento i produttori di Gnl hanno ricavato profitti record in Europa e nel Regno Unito per sostituire il gas russo. L’alleato americano vende ai suoi alleati il suo Gnl maggiorato di quattro volte.
Ma la cecità delle previsioni degli esperti sulle conseguenze a breve e medio-termine sono la conseguenza dei legami sempre più stretti tra Europa e Stati Uniti. O meglio, della dipendenza della Ue dagli Usa, resa possibile da due figure chiave: Bjoern Seibert, capo di stato maggiore del presidente della Commissione europea, e Ursula von der Leyen.
Al di là delle previsioni vediamo alcuni fatti. Solo per il petrolio, Mosca guadagna in media 20 miliardi di dollari al mese nel 2022, rispetto ai 14,6 miliardi del 2021. Il rublo viene scambiato alla fine di aprile al suo livello pre-bellico (80 rubli per un dollaro). New Delhi ha incrementato i suoi acquisti dalla Russia. L’Arabia Saudita ha stretto legami sempre più stretti con Mosca nell’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec+), decidendo di ridurre la sua produzione nonostante una visita a Riyad, il 14 e 15 luglio, del presidente americano.
Ma le sanzioni stanno colpendo i settori dei fertilizzanti e del grano. Proprio per questo il presidente senegalese Macky Sall ha sottolineato che è necessario escludere il settore alimentare dal perimetro delle loro sanzioni, poiché creano “gravi minacce alla sicurezza alimentare del continente”. Persino l’Onu teme si possa scatenare un uragano selvaggio.
Come dimenticare che il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan ha determinato una vera e propria crisi alimentare per quasi 20 milioni di afghani? Non sappiamo se le sanzioni abbiano salvato vite ucraine. Di certo ne stanno uccidendo molte altre in giro per il mondo.
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