Discontinuità, cos’era costei? La domanda viene spontanea leggendo le cifre sulle quali sarà basata la prossima Legge di bilancio e ascoltando gli annunci dopo il primo Consiglio dei ministri dedicato a quella che dovrebbe essere la priorità del nuovo Governo: difendere famiglie e imprese dai morsi della inflazione e impedire una rovinosa recessione.
La Nadef presentata da Giancarlo Giorgetti sembrava scritta da Daniele Franco: il deficit pubblico quest’anno dovrebbe chiudere al 5,6% e l’anno prossimo scenderà al 4,5%, rispetto al precedente obiettivo c’è un peggioramento dello 0,6% appena. Visto tutto quel che sta succedendo è perfettamente comprensibile e più che accettabile. Con una crescita del 3,7% quest’anno e dello 0,6% ancora nel 2023, il debito sul Pil scenderà ancora di poco più di un punto percentuale, attestandosi al 144,6%. Ciò consente di mettere a disposizione 9,5 miliardi di euro subito e 23 miliardi il prossimo anno. Non molto e comunque non subito a differenza da quel che alcuni giornali hanno fatto credere.
Non sarà sufficiente per compensare gli effetti del cario bollette e impedire una caduta della domanda interna, ma così tutte le compatibilità dei conti sono rispettate. Giorgetti, sotto l’influenza di Quintino Sella, vuole essere non austero, ma prudente, non frugale, ma moderato. Le opposizioni pronte ad attaccare lo spendi e spandi della destra rimarranno spiazzate, ma anche gli elettori che speravano in una pronta e radicale rottura con il passato si chiederanno se valeva la pena far cadere il Governo Draghi. No vax, Ong, rave party, tetti al contante, ergastolo ostativo, tutto quello di cui si è parlato finora sembra essere un puro diversivo propagandistico, perché il nocciolo duro resta intatto.
Ma se Giorgetti si dimostra super cauto, Giorgia Meloni sembra scegliere la tattica di un altro romano rimasto famoso: Quinto Fabio Massimo conosciuto come il Temporeggiatore. Le pensioni? D’accordo, ma calma e gesso, bisogna prima trovare i soldi. Lo stesso vale per la riduzione del cuneo fiscale, anche qui ci vogliono le coperture. Spendere senza le opportune entrate, non sembra far parte della logica meloniana, in pieno rispetto della Costituzione e dell’emendamento sul pareggio tendenziale del bilancio. Anche questo potrebbe lasciare con la bocca amara gli elettori bombardati dalle polemiche contro l’ortodossia finanziaria germanica.
La linea di completo rispetto delle regole in sintonia con l’agenda Draghi è frutto delle pressioni avute dall’Ue? Non lo sappiamo, tuttavia l’incontro con Ursula von der Leyen non sembra aver provocato frizioni sostanziali. Meloni ha paura di fare la fine di Liz Truss? Può darsi, certo è che vuol durare e per questo non intende sfidare né la Ue, né i mercati finanziari. Ma probabilmente è tutto frutto di un calcolo politico basato a sua volta su alcune scommesse.
La o il presidente del Consiglio pensa che la priorità in questo momento sia passare la nottata, superare l’autunno e l’inverno senza scossoni, a meno che non peggiori la guerra in Ucraina, non si interrompa del tutto il flusso di metano russo, non si aprano altre gravi tensioni geopolitiche e la congiuntura economica non sfoci in una seria recessione internazionale. Tutte condizioni che non dipendono dal Governo, ma richiedono che ci sia il massimo controllo delle variabili fondamentali dell’economia italiana. Una prudenza in parte obbligata e in parte frutto di serietà politica. Anche se può esporsi a una serie di rischi.
Il primo, lo abbiamo accennato, riguarda il suo elettorato. Se matura una disillusione ben prima della fatidica luna di miele, le contraddizioni interne alla maggioranza si faranno più acute ed è probabile che riprenda una spinta populista cavalcata dalla Lega dentro il Governo dai 5 Stelle fuori. Giorgia Meloni sarà costretta a chiedere aiuto. E a chi, a Calenda e Renzi rovesciando così gli equilibri nella destra-centro? Le dinamiche tutte interne alla politica politichese non sono nulla di fronte alla prospettiva di un’escalation in Ucraina. Ci si chiede se in Parlamento ci sarà una maggioranza sufficiente per decidere l’invio di nuove armi e se nelle piazze come nel palazzo non stia maturando una stanchezza che può arrivare a mollare Zelensky alla mercé di Mosca. L’impatto sarebbe pesantissimo, mettendo il Governo in rotta di collisione con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Alleanza atlantica. Non è una ipotesi campata in aria, al contrario.
Anche questo deve indurre il Governo a sciogliere tutti i nodi della politica energetica italiana. Il rigassificatore di Piombino va messo in produzione al più presto, prima che arrivi la primavera, altrimenti il metano non sarà sufficiente, bisognerà intaccare le riserve e presentarsi sul mercato in condizioni di inferiorità. Ciò a prescindere se ci sarà o no gas russo. Il raddoppio del Tap è possibile, ma ci vorrà almeno un anno. Le trivellazioni son tutte da fare e il giacimento dell’Adriatico continua ad alimentare soltanto la Croazia. C’è consenso a destra su questa strategia? A sinistra sappiamo che non c’è. A tutto questo s’aggiunge una divergenza aperta sulla politica monetaria: l’Italia critica la Bce, per paura che un rialzo eccessivo e troppo rapido dei tassi d’interesse non diventi la spinta decisiva verso la recessione. Il Governo di Roma, anche per questo dovrà essere come la moglie di Cesare e mostrare in Europa un solido consenso interno alla linea sviluppista. Temporeggiare non servirà e la cautela dovrà lasciare il campo a un’iniziativa coraggiosa.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.