IL DECRETO MANCANTE PER PENSIONAMENTI IN PMI IN CRISI
Il Sole 24 Ore segnala che mentre si parla di misure di riforma pensioni da inserire nella Legge di bilancio, resta “ancora al palo la norma che consente il pensionamento anticipato per i lavoratori con soli 62 anni e dipendenti delle piccole e medie imprese in crisi. In una fase in cui si discute di come modificare il sistema pensionistico per il 2023, quest’anno i lavoratori ancora non hanno avuto modo di esercitare il diritto di accesso al prepensionamento previsto dalla legge di Bilancio 2022 perché manca ancora il decreto attuativo”. Il quotidiano di Confindustria ricorda che il decreto in questione si sarebbe dovuto già approvare entro lo scorso 1° marzo, ma si è arrivati solo a una bozza. “Si aspetta dunque, con urgenza il decreto perché molti lavoratori di aziende in crisi potrebbero risolvere definitivamente il loro problema, visto che la legge stanzia 150 milioni per l’anno 2022 e di 200 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024”, aggiunge ancora Il Sole 24 Ore.
LA PROROGA DELLA RIFORMA PENSIONI DOPO IL 2022: COSA C’È DI CERTO
Mentre il Governo si appresta domani a discutere con i sindacati sui temi più “scottanti” della prossima Manovra – tra cui appunto la riforma pensioni tra le ipotesi Quota 102, Quota 41 e Quota 103 – ciò che certamente troverà spazio nella Finanziaria 2023 sul fronte previdenza sono alcune proroga delle misure attualmente in corso d’opera. Come annunciato dalla Premier Meloni, Ape Social, Opzione Donna e nodo precoci troveranno spazio ancora nel prossimo anno in attesa che la riforma pensioni “strutturata” possa poi accoglierle come misure perenni nell’immediato futuro.
Lato Ape Sociale, la formula prevede lo ricordiamo l’andare in pensione con almeno 63 anni di età e 30 o 36 anni di contributi per tutti coloro che si trovano in una condizione “gravosa” come invalidi civili di grado almeno pari al 74 per cento, caregiver, disoccupati. La legge consente poi le pensioni anche a tutti coloro che con 41 anni di contributi (sia dipendenti che autonomi) dimostrino di aver lavorato prima dei 19 anni per almeno 12 mesi in modo effettivo anche non in modo continuativo. Per i “precoci” serve però sempre che facciano parte di categorie “gravose” e “usuranti” per poter anticipare la propria pensione sotto cassa Inps. (agg. di Niccolò Magnani)
IL TIMORE DI GIORGETTI
In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera viene evidenziato che a temere di più un forte intervento di riforma delle pensioni non sembra essere l’Europa, ma Giancarlo Giorgetti. “Il ministro dell’ Economia sa bene che nel documento di finanza appena aggiornato dal Governo la spesa per le pensioni a leggi invariate (cioè, nell’ ipotesi di un ritorno della stringente riforma di Elsa Fornero) presenta un aumento di spesa di quasi 60 miliardi di euro al 2025, a metà di questa legislatura. Così il peso delle pensioni sale in un triennio del 19,5%, sette punti più del prodotto lordo (incluso l’effetto di inflazione). Giorgetti è dunque il primo a volere ora un intervento sulle pensioni che non abbia impatti sui costi del sistema nel medio-lungo periodo”, si legge sul quotidiano milanese, secondo cui, “il ministro fra l’altro teme gli effetti di un’uscita dal lavoro di tante persone ancora in forze e con competenze difficili da sostituire, per esempio fra i medici”. Vedremo, quindi, se metterà un freno alle istanze sulla previdenza che arrivano anche dal suo partito, la Lega.
LE PAROLE DI TRIDICO
Quota 41, la misura di riforma delle pensioni su cui sembra puntare la Lega, ha incassato l’approvazione dei sindacati, che già l’avevano inserita nella loro piattaforma unitaria, ma a quanto pare non è una soluzione gradita a Pasquale Tridico. Il Presidente dell’Inps, infatti, come riporta Ansa, parlando con i giornalisti all’Università della Calabria a margine della presentazione del rapporto 2021 dell’Istituto, ha detto: “Le quote rigide, a mio parere non aiutano nella direzione della flessibilità di cui il sistema pensionistico avrebbe bisogno. Bisognerebbe pensare ad una combinazione e ad un flessibilità che possa favorire le carriere instabili e i lavoratori fragili”. Vedremo quale sarà la scelta del Governo, posto che Marina Calderone, neo ministra del Lavoro, ha detto che Quota 41 può essere una base di partenza per un intervento sulla previdenza, anche se non ha specificato se con o senza soglie anagrafiche e/o penalizzazioni sull’assegno per i pensionandi. Non resta quindi che aspettare.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAPONE E MARGIOTTA
Secondo Paolo Capone, Segretario generale dell’Ugl, “per quanto riguarda la riforma delle pensioni urge prorogare, in vista di una successiva stabilizzazione, l’Ape sociale, Opzione donna e Quota 102. In prospettiva, a tali strumenti che devono aggiungersi anche Quota 41, riferita alla sola anzianità contributiva, e l’introduzione di meccanismi di garanzia sulle pensioni future per i giovani, le donne e, più in generale, per quelli che hanno avuto carriere lavorative discontinue”. Confsal, invece, tramite il suo Segretario generale Angelo Raffaele Margiotta, evidenzia che “il sistema previdenziale fa acqua ‘da tutte le partì e così i lavoratori non potranno contare su una pensione equa”.
LE DICHIARAZIONI DI LANDINI E FINI
Maurizio Landini, Segretario generale della Cgil, spiega invece, come riporta Adnkronos, che “dire Quota 41 non vuole dire nulla, uno può dire 42-43 il problema è quale riforma delle pensioni fare perché se poi uno dice quota 41 e poi ci mette di fianco l’età salta fuori che è quota 103, 104, 105. Di cosa stiamo discutendo?”. Infine, come riporta Ansa, la Confederazione italiana agricoltori. tramite il suo Presidente Cristiano Fini, durante l’incontro tra il ministro del Lavoro Calderone e le parti sociali, ha fatto presente che “bisogna aumentare le pensioni al minimo che riguardano una platea di oltre 1,7 milioni di anziani, di cui un terzo sono ex agricoltori dalle 400 euro attuali si dovrebbe arrivare a 780 euro mensili per adeguarsi a tutti i parametri previsti dalle norme nazionali ed europee sui livelli di povertà”.
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