Arbitri nella bufera dopo l’arresto di Rosario D’Onofrio. Il procuratore capo dell’Associazione italiana arbitri (Aia), ex militare, è finito nella rete di un’operazione della Dda di Milano e della Guardia di Finanza per traffico di droga. L’operazione è stata conclusa giovedì, ma i particolari sono emersi nelle ore successive, nelle quali peraltro D’Onofrio si è dimesso dal suo incarico. Grande l’imbarazzo dell’Aia, che si difende dichiarando di sentirsi “tradita“. Infatti, parla di “un vero e proprio tradimento che ha creato un serio danno d’immagine a tutta l’Associazione che, è bene ricordarlo, non ha poteri istruttori per esercitare opera di verifica e controllo di quanto dichiarato dagli associati“.
Invece il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina si dice “sconcertato“, quindi chiede chiarimenti al presidente Aia Alfredo Trentalange, in particolare di spiegare come possa essere stato nominato D’Onofrio venti mesi fa alla guida degli inquirenti del mondo arbitrale. L’inchiesta di Milano ha portato a galla la doppia vita di D’Onofrio che nel 2013 entrò nella commissione disciplinare Aia e che è stato scelto da Trentalange come capo dell’ufficio che indaga sulle eventuali irregolarità degli arbitri. I finanzieri hanno scoperto che “Rambo“, questo il soprannome che gli è stato attribuito, era al centro di un traffico di droga tra Italia e Spagna. Inoltre, durante il lockdown per la pandemia Covid usava la mimetica per muoversi liberamente.
“AIA VITTIMA E INDOTTA IN ERRORE DA ROSARIO D’ONOFRIO”
Ma l’Associazione italiana arbitri (Aia) è nella bufera anche perché Rosario D’Onofrio era stato arrestato nel maggio 2020 in flagranza di reato mentre consegnava un carico di 40 chili di marijuana. Eppure, per oltre due anni ha continuato ad esercitare la sua attività, prima da membro della Commissione di disciplina, poi da procuratore capo. La procura della Figc, guidata da Giuseppe Chinè, lo scorso 28 ottobre lo aveva però deferito per una vicenda riguardante il suo incarico, imputandogli la mancata apertura di un procedimento disciplinare e l’avvio di attività inquirenti “in assenza dell’instaurazione di un formale procedimento“. La commissione federale di garanzia, comunque, esaminerà il caso nell’udienza fissata per il 25 novembre.
Oltre a chiedere riscontro al presidente dell’Aia Trentalange sulle modalità di selezione del procuratore, “la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale“, ha dichiarato Gabriele Gravina. L’Aia ha ricordato che il regolamento impone “l’immediata comunicazione di avvisi di garanzia, pendenze di procedimenti penali e misure restrittive della libertà personale“, cosa che nel caso di D’Onofrio non è mai accaduta, neppure dopo la nomina a procuratore. Quindi, l’Aia ritiene di essere “vittima ed indotta in errore con una gravissima e dolosa omissione. Un tradimento che ha creato un serio danno d’immagine a tutta l’Aia che non ha a disposizione poteri istruttori“. Intanto la procura federale ha chiesto alla Dda e alla procura di Milano l’accesso agli atti dell’inchiesta in cui è coinvolto Rosario D’Onofrio per procedere eventualmente a sua volta.