LE PAROLE DI TRIDICO
Claudio Durigon ha spiegato che il Governo intende varare una Quota 41 con una soglia anagrafica pari a 61 o 62 anni, evidenziando che questa misura di riforma delle pensioni, valida per un solo anno, costerà un miliardo di euro. Come riporta Ansa, Pasquale Tridico ha detto che ancora però non ci sono stime ufficiali da parte dell’Inps, che sta collaborando con l’Esecutivo, in merito. Il Presidente dell’Inps ha anche evidenziato, rispetto al rischio che i giovani non abbiano la pensione in futuro, che “non è possibile non andare in pensione, tutti i lavoratori andranno in pensione ad un’età equa e congrua con un montante contributivo congruo, l’importante è avere salari congrui durante il lavoro cioè con carriere stabili quanto più senza precariato e con salari minimi che garantiscono pensioni eque e montanti contributivi sufficienti per la pensione”, ricordando che “c’è un problema di basse pensioni e di bassi salari: un terzo dei nostri pensionati ha un rateo pensionistico di meno di mille euro al mese, facciamo i conti purtroppo anche con questo”.
CAPONE (UGL) APPROVA PASSI GOVERNO SU RIFORMA PENSIONI, ANCHE SE…
Da un lato una “mini” riforma pensioni con Quota 41 (a 61 o 62 anni) ma solo nel 2023 in attesa della riforma strutturale dal prossimo anno; dall’altro, la spinta per incentivi dal MEF per chi rinvia l’uscita dal lavoro (+10% in busta paga è il calcolo che sta facendo il Ministro Giorgetti): nel mezzo serve capire cosa entrerà già in questa Manovra 2022 e cosa dunque potrà evitare lo “scalone” della riforma pensioni Fornero che scatta appena dopo la fine 2022. Chi giudica positivamente questo “abbrivio” dato dal Governo Meloni sul fronte previdenza è Paolo Capone, Segretario Generale dell’UGL: «E’ fondamentale impedire il ritorno in vigore della Legge Fornero, che ha penalizzato i lavoratori allungando l’età pensionabile. La soluzione migliore resta Quota 41 che prevede 41 anni di contributi a prescindere dall’età lavorativa, poiché dà la possibilità di scelta a centinaia di migliaia di lavoratori, e favorisce la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, incentivando, così, il turnover generazionale e l’assunzione dei giovani», è il commento del sindacalista davanti alla proposta partorita dal Sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche Sociali, Claudio Durigon.
Allo stesso tempo, il leader UGL rivendica interventi ancora più decisi sul fronte riforma pensioni già dal 2022-2023: «ribadiamo l’urgenza di stabilizzare l’Ape sociale e Opzione donna per consentire a determinate categorie di persone di accedere anticipatamente alla pensione. Un segnale importante, in questa direzione, è la concreta disponibilità del Sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche Sociali, Claudio Durigon, ad introdurre una misura ponte per il 2023 diretta ad agevolare 40-50 mila lavoratori. Il primo passo verso una vera e propria riforma organica da discutere con le parti sociali nel corso del prossimo anno». L’obiettivo secondo Capone e il sindaco UGL è quello di delineare un sistema pensionistico sempre più flessibile, ma allo stesso tempo equo «in cui trovi spazio anche il tema relativo alla defiscalizzazione della previdenza complementare e misure volte a tutelare i più giovani, le donne e i mestieri usuranti».
LE PAROLE DI DURIGON
Claudio Durigon spiega che “a gennaio non si tornerà pienamente alla legge Fornero”, ma “avremo una Quota 41 con 61 o 62 anni per il solo 2023, come misura ponte verso la riforma organica che faremo il prossimo anno. Spenderemo meno di 1 miliardo per agevolare 40-50 mila lavoratori. Pensavamo anche a un bonus per chi resta a lavorare, ma la prudenza di bilancio ci induce a rinunciare”. Il sottosegretario al Lavoro, intervistato da Repubblica, evidenzia che “per una riforma complessiva delle pensioni bisogna discuterne con i sindacati e ci vuole tempo. Questa è una legislatura anomala, iniziata di fatto solo a novembre. In campagna elettorale avevamo detto che facevamo Quota 41, molto cara anche ai sindacati. E così sarà”. Per il 2024, aggiunge Durigon, “rivedremo tutte le uscite anticipate, con un occhio di riguardo a giovani, donne e mestieri usuranti”. Per i giovani, in particolare, è probabile che ci sarà “una ‘pace contributiva’ per coprire i buchi del lavoro saltuario, il riscatto della laurea agevolato e la defiscalizzazione per la previdenza complementare”. Quanto a Opzione donna e Ape social, saranno “prorogate per un altro anno perché siamo in una fase transitoria”.
L’ANALISI DI INAC-CIA
Come noto, il ministro dell’Economia Giorgetti ha firmato il decreto per la rivalutazione delle pensioni dal 1° gennaio 2023. Il patronato Inac-Cia ha compiuto delle simulazioni dalle quali emerge come ci sia il rischio che le fasce più basse abbiano un incremento degli assegni “che non incide minimamente sulla qualità della loro vita”, facilitando invece “la possibilità di spesa dei più facoltosi”. Per questo motivo, secondo Alessandro Mastrocinque, Presidente Inac-Cia, bisognerebbe parametrare le percentuali della rivalutazione favorendo le pensioni basse: “Per una rivalutazione più incisa ed equa, bisognerebbe partire dall’applicazione delle percentuali più alte per chi percepisce assegni da mille euro al 9%, per arrivare ad un 1,5% da applicare alla fascia che riguarda gli assegni mensili superiori ai 3000 euro”, perché “ha più senso, anche in un’ottica di spinta verso i consumi, mettere più soldi in tasca a chi, oggi, vive con 1000 euro/mese. Queste persone con circa 100 euro al mese in più, forse potrebbero acquistare beni e servizi, dando un impulso anche ai consumi che ristagnano”.
RIFORMA PENSIONI, L’IPOTESI DEL MEF
Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, il Mef sta lavorando a un’ipotesi di riforma delle pensioni con finestre per l’uscita anticipata a 62 o 63 anni, con una penalizzazione sull’assegno, “ma un lavoratore che abbia maturato i requisiti potrebbe scegliere di restare sulla base di incentivi ben precisi: se continua a lavorare, il dipendente e il datore smettono di versare i contributi e parte di quelle somme entrerebbero in busta paga come aumento netto di stipendio (per esempio, di circa il 10%). L’azienda potrebbe godere di un calo del costo lordo del lavoro, il dipendente di una busta paga più alta. Poi il pensionamento avverrebbe sulla base dei contributi accumulati fino al momento in cui il lavoratore ha scelto questa opzione, senza contare l’anzianità degli ultimi anni di lavoro incentivato”.
LE CHANCE PER QUEST’ANNO
Intanto Mauro Marino, intervistato da pensionipertutti.it, ricorda che “sicuramente la legge Fornero, almeno nella sua struttura complessiva, resterà anche nell’anno 2023. In questo il Neopresidente del Consiglio è stato chiaro. Per quest’anno visto il poco tempo a disposizione e soprattutto perché la maggior parte delle risorse saranno destinate ad alleviare il costo delle bollette energetiche per famiglie ed imprese saranno soltanto rinnovati gli istituti in scadenza; quindi Opzione Donna e Ape Sociale mentre probabilmente per quota 102, al contrario di come è strutturata adesso, vale a dire 64 anni di età sommati a 38 anni di contributi, sarà composta da 41 anni di contributi sommati a 61 anni di età. Si spera, inoltre che già nella legge di bilancio da presentare tra pochi giorni ci sia anche una sorta di flessibilità in uscita, ma non se ne conoscono i termini precisi”.
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