Non si è ancora liberata del tutto della dipendenza dalla Russia, eppure la Germania rischia di crearne un’altra, quella dagli Stati autocratici del Golfo. Ne parla Der Spiegel in un’analisi molto approfondita sugli effetti di questa fase di sconvolgimenti geopolitici. Si va infatti verso un nuovo ordine mondiale che vede giocare un ruolo chiave proprio agli Stati del Golfo. Insieme all’Iran, il Qatar possiede il più grande giacimento di gas più grande del pianeta, mentre l’Arabia Saudita è la seconda riserva di petrolio. Tutto ciò rappresenta un’enorme leva di potere e influenza. Il problema per l’Occidente è che ha poche altre opzioni. Si spiega anche così il tentativo da parte degli ambienti governativi tedeschi di legare le nazioni più influenti all’Europa. Lo stesso hanno fatto Macron e Johnson, oltre a Scholz e Biden.
Anche l’Ue ha intenzione di istituire un inviato speciale per il Golfo. Sarebbero quattro i nomi in lizza al momento. Secondo quanto riportato da Repubblica, Luigi Di Maio è uno di quelli più accreditati. Oltre all’ex M5s in lizza ci sono anche l’ex ministro degli Esteri cipriota Markos Kiprianou, un ex capo della diplomazia slovacco e l’ex commissario europeo per le Migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos. Quest’ultimo è colui che può insidiare la nomina di Di Maio.
LA CRESCITA ESPONENZIALE DEGLI STATI DEL GOLFO
Mentre l’Occidente soffre, le economie del golfo corrono: negli Emirati Arabi il reddito pro capite è pari a quello tedesco; quest’anno l’Arabia Saudita sarà probabilmente l’economia che crescerà più rapidamente tra i paesi del G20, con un aumento previsto del 7,6%, e ha un proprio programma spaziale; i fondi sovrani dei sei Stati del Golfo hanno complessivamente quasi 4 trilioni di euro pronti a investire in tutto il mondo (anche in Germania, appunto), ad acquistare squadre di calcio, gare di Formula 1 e un campionato di golf. La ricchezza non si basa solo su petrolio e gas, perché il vettore energetico del futuro è l’idrogeno, soprattutto quello verde, e i deserti della penisola arabica offrono le condizioni ideali per produrlo. “Probabilmente un giorno dagli Emirati e dall’Arabia Saudita si esporterà più idrogeno che petrolio, soprattutto in Germania”, scrive Spiegel. Infatti, negli Emirati c’è un duplice approccio: si vuole continuare a vendere petrolio e gas il più a lungo possibile, ma anche diventare una delle principali potenze per le energie rinnovabili. Ed è agli Emirati che guarda la Germania, che vuole diventare neutrale dal punto di vista climatico entro il 2045. Peraltro, l’idrogeno verde ha altri vantaggi: può essere facilmente trasportato e importato.
TORNA IL DILEMMA: FARE AFFARI CON AUTOCRAZIE?
Il problema è che parliamo di autocrazie, eppure alleanze considerate “tossiche” sembrano improvvisamente possibili. Der Spiegel porta alla luce un dilemma che conosciamo bene per via della Russia: come comportarsi con autocrazie economicamente indispensabili, ma non democratiche e guidate da despoti che se ne fregano dei diritti umani e trattano donne e migranti come merci? In ogni caso, trattare non è semplice: ad esempio, Abu Dhabi non vuole essere un ripiego temporaneo; infatti, puntano a contratti a lungo termine, altrimenti non se ne parla. Ma comunque gli Stati del Golfo sono felici del nuovo interesse dell’Europa, che deve però valutare se legarsi così strettamente all’Arabia Saudita, dove in un solo giorno di marzo di quest’anno sono state giustiziate 81 persone e dove sarebbe stato assassinato e smembrato il giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi. Secondo le agenzie di intelligence occidentali, l’ordine sarebbe arrivato dai più alti livelli del governo di Riyadh, che dal canto suo nega. Ma anche negli altri Stati del Golfo le vite umane contano poco, basti pensare alle polemiche sul Qatar in vista dei Mondiali. Per questo in Germania, negli Stati Uniti e nell’Ue si chiedono se devono sostenere il processo di apertura che stanno dimostrando alcuni di questi Paesi e diventare partner stretti. La tentazione c’è e un anno fa ci sarebbero stati meno problemi, ma quanto accaduto in Ucraina con l’invasione della Russia ha reso ancor più importanti queste riflessioni. Il rischio è di assistere ad una lotta sistemica tra democrazie e Stati autoritari, in tutto il mondo. Ma da quella parte del mondo la domanda non si pone nemmeno e comunque la risposta sarebbe semplice: lasciare che sia il denaro a decidere e governare.