Chi è Don Cesare Curioni e il suo ruolo nel caso Aldo Moro
Don Cesare Curioni fu una delle figure centrali nelle cronache legate alla vicenda del rapimento di Aldo Moro, lo statista democristiano sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978. Cappellano per decenni in servizio a San Vittore, dove aveva iniziato a impegnare il proprio tempo per i carcerati nel 1948, era originario di Asso, Comune prossimo ai confini con la Svizzera in cui nacque nel 1923. Sarebbe stato lui, diventato capo dei cappellani carcerari, come riporta Ansa in una scheda che ricostruisce le tappe del sequestro e dell’omicidio Moro, a “correggere” la famosa lettera di Papa Paolo VI ai rapitori nelle fasi roventi della prigionia del presidente della Democrazia cristiana.
Nel 1976 il pontefice lo aveva scelto come responsabile per l’assistenza religiosa nei penitenziari italiani e Giovanni Paolo II ne avrebbe la nomina a presidente della Commissione internazionale dei cappellani carcerari. Durante la vicenda di Aldo Moro, sarebbe stato proprio Paolo VI a incaricare monsignor Cesare Curioni di cercare un canale per liberare lo statista ostaggio dei terroristi, sfruttando le sue molteplici conoscenze tra detenuti e forze dell’ordine. Cesare Curioni sarebbe stato il diretto interlocutore del Papa quando, in una telefonata notturna, avrebbe partecipato alla stesura della famosa missiva agli “Uomini delle Brigate Rosse” con cui Paolo VI chiedeva il rilascio di Aldo Moro “senza condizioni”. Parole al vento: il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, il cadavere dello statista democristiano fu trovato nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani, a Roma.
Cesare Curioni e Paolo VI: la lettera per liberare Aldo Moro e l’agghiacciante finale
Don Cesare Curioni è morto all’età di 72 anni, nel 1996, e fu lui a celebrare i funerali della giornalista Ilaria Alpi, inviata del Tg3 uccisa in Somalia. Alle spalle il capitolo drammatico del sequestro di Aldo Moro e l’epilogo agghiacciante della sua uccisione. Don Cesare Curioni, che avrebbe attivato i suoi contatti per trovare uno sbocco nel rapimento e liberare il presidente della Dc, avrebbe partecipato alla stesura della lettera che l’allora pontefice Paolo VI volle rivolgere ai brigatisti che lo tenevano in ostaggio. Un tentativo consumato dietro le quinte della Santa Sede mentre nel Paese imperversava la battaglia tra il fronte favorevole alla trattativa con i terroristi e quello della fermezza intransigente ad ogni costo.
Tra le stanze del Vaticano, Paolo VI avrebbe deciso di scrivere alle Brigate rosse la sua richiesta, rimasta inascoltata, di rilasciare Aldo Moro “semplicemente, senza condizioni“. Il testo della missiva, come avrebbe poi confermato il segretario di don Cesare Curioni, monsignor Fabio Fabbri, sarebbe stato limato dallo stesso ex cappellano di San Vittore e le sue correzioni (dettate da Curioni nel corso della telefonata notturna con il pontefice) avrebbero portato al testo definitivo della lettera, datata 21 aprile 1978. Fabbri, riporta Ansa, avrebbe poi raccontato i contorni della conversazione tra Paolo VI e Cesare Curioni davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro e sulla morte di Aldo Moro.