Quel quoziente di natalità

Mano a mano che si avvicina la definizione della Legge di bilancio 2023, il cosiddetto "quoziente familiare" tende a uscire dal confronto intermittente fra esperti

Mano a mano che si avvicina la definizione della Legge di bilancio 2023, il cosiddetto “quoziente familiare” tende a uscire dal confronto intermittente fra esperti. È venuto allo scoperto al tavolo del ridisegno del Superbonus 110 – con finalità selettive nel suo ridimensionamento  -,  ma è evidente l’intento del Governo di lanciare un ballon d’essai in una prospettiva più ambiziosa: quella di utilizzo del quoziente sul terreno della fiscalità generale declinata sul versante sociale. Con un obiettivo dichiarato: quello di dare contenuto alla Natalità assegnata come “mission” specifica al ministero per la Famiglia.

La polemica fra la nuova maggioranza e quella precedente si gioca su molti piani. Il “quoziente” si propone – con poche incertezze – come parziale strumento di sostituzione al Reddito di cittadinanza, la cui riforma è stata messa in agenda dal governo Meloni. E un confronto sommario fra “quoziente” e Rdc sembra già non privo di indicazioni.

Il Rdc è un sussidio per cassa attribuito sulla base di un criterio elementare, di per sé “passivo”: l’assenza (più o meno accertata o accertabile) di redditi o di occupazione. Il “quoziente” si muove invece sul terreno delle agevolazioni fiscali dirette a una situazione più oggettiva (il numero di appartenenti a un nucleo familiare) e  su una condizione attiva di volontà di procreare, già realizzata o potenziale. Fra Rdc e “quoziente” sembra esservi la distanza d’approccio strategico fra assistenzialismo a cittadini astrattamente “single” – “outsider” o “drop out” sul piano socioeconomico – e una politica della famiglia per cittadini che si sentono “insider” della società italiana, che pensano in tempo futuro. È la differenza fra un sofà in una casa emarginata e una culla in una casa vitale.

Il passaggio politico-culturale appare non del tutto scontato da parte di una maggioranza di centrodestra che difficilmente potrà escludere da un regime agevolato le famiglie di “nuovi italiani” immigrati regolari, molto aperti alla procreazione. Appare invece chiaramente in difficoltà un’opposizione (M5S più del Pd) che non ha mai considerato la famiglia – comunque individuata – come mattone vero della costruzione democratica e ha sempre guardato con distrazione e diffidenza allo sviluppo demografico, dissonante rispetto a una logica di decrescita più o meno felice. E se il “quoziente” appare uno stimolo al rilancio del sistema educativo, sono da studiare i possibili effetti positivi sul fronte del contrasto all’evasione fiscale.

Lo sfondo, intanto, è costituito dall’esperienza di altri Paesi Ue. Dove il “quoziente” è applicato – anzitutto in Francia e Germania, Paesi co-fondatori dell’Unione assieme all’Italia – la natalità è aumentata. In un Paese dove le nascite sono scese sotto le 400mila all’anno (per la prima volta dalla Grande Guerra) il “quoziente” non appare tema politico-finanziario meno rilevante del Reddito di cittadinanza.

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