Il tema della regalità è il tema di questa domenica. Oggi ricorre la Solennità di Gesù Cristo Re dell’universo. Che Gesù Cristo sia Re dell’universo è una evidenza. Ma come si concilia questa evidenza con il grande potere del male che ci circonda? La Liturgia di oggi ben conosce questo potere ma lo vince. Lo chiama il “potere delle tenebre”. Come lo vince? Innanzitutto con la domanda, con la preghiera. Dice la Colletta: “O Padre, … liberaci dal potere delle tenebre…”.
San Paolo nella seconda lettura fa un passo ulteriore: “Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre…”. Qui ci troviamo di fonte al Fatto: il Fatto del Padre, che in altri termini si chiama cristianesimo, avvenimento cristiano. Ma nel mondo contemporaneo occorre chiarire: cristianesimo autentico, avvenimento autentico, quello che veramente trae tutto a sé l’umanità dolente. I cristiani, i cristiani autentici, sono capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce e sono liberi dal potere delle tenebre. Purtroppo non siamo quegli amici di San Paolo né viviamo nel Medioevo, quando il respiro, finanche il respiro era amato: oggi le nostre miserie non sono più cristiane, dice Péguy. Ma Gesù venne, dice lo stesso Péguy!
Dunque, il cristianesimo – precisiamo: quello autentico – è la salvezza, la salvezza carnale e la salvezza spirituale dell’uomo. Lo dice la Liturgia di oggi: “Dio onnipotente ed eterno, / che hai voluto ricapitolare tutte le cose / in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo, …”: Cristo è tutto, è la vita della mia vita, dicono i testimoni cristiani. Ma la parola Cristo sarebbe inconcepibile e inaccettabile nella sua verità se non fosse Presenza: una Presenza presente. È l’esaltazione dell’Incarnazione, che ci apprestiamo a festeggiare nel Natale. Il ritornello del Salmo recita: “Andremo con gioia alla casa del Signore”: abbiamo bisogno – Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam – di una Casa concreta, come quando uno va a casa di un amico grande grande che lo accoglie.
Un mio amico, il sacerdote e professore giuseppino padre Salvatore Currò, diceva sempre che il buon ladrone è l’unico di cui siamo certi sia andato in paradiso. Ecco il Vangelo di oggi: “E disse: ‘Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno’. Gli rispose: ‘In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso'”. Che grande fede! È una cosa grande la fede del buon ladrone. La fede è riconoscere una Presenza. Il buon ladrone – chissà quale mistero in questo avvenimento – ha riconosciuto Cristo. E Cristo ha risposto. C’è un invito a domandare, a pregare, a chiedere, perché Cristo risponde. Sottolineo un aspetto: il buon ladrone chiede ad una Presenza, a Cristo presente, Cristo risponde. Non dimentichiamo questa “carnalità” della vita cristiana: domandiamo ad una Presenza perché una Presenza risponde. Concludo con don Giussani: “La domanda è un avvenimento irreversibile perché Cristo risponde”.
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