D-Day: il giorno dello sbarco degli americani in Normandia. A questo concetto errato ci hanno indotto le molte rievocazioni cinematografiche di successo, e spesso la eccessiva leggerezza dei giornalisti degli articoli di giornale che ne hanno parlato.
In realtà, gli oltre 150mila uomini delle forze alleate sbarcate in Normandia appartenevano agli eserciti di tredici diversi paesi: erano americani, britannici, canadesi, australiani, neozelandesi, sudafricani, ma anche francesi, belgi, polacchi, cecoslovacchi, greci, olandesi, norvegesi dei paesi occupati che si erano arruolati nei reparti dell’esercito britannico. C’erano quaranta operatori radio nativi americani che usavano il codice Cherokee: potevano parlare nella loro lingua sicuri che i tedeschi non sarebbero stati capaci di tradurla. Avevano di fronte 500mila soldati inquadrati nelle forze tedesche.
Nel giugno del 1944 la maggior parte delle truppe tedesche era impegnato sul fronte orientale, ed in Francia erano stati rischierati reparti in avvicendamento di ritorno dal fronte russo e complementi composti da vecchi e ragazzini. Anche nelle file della Wermacht militavano soldati di nazionalità diversa: si trattava dei Freiwilligen (“volontari”) e Hilfswilligen (ausiliari) provenienti dai paesi occupati. Nel 1944 i “volontari” della Wermacht erano stati reclutati praticamente in tutti i paesi occupati: Francia, Italia, Polonia, Ungheria, Croazia, Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Danimarca, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Ucraina, Rutenia, Nordafrica. C’erano anche tartari della Crimea, finnici del Volga, musulmani delle repubbliche sovietiche, due divisioni di ex prigionieri di guerra russi che avevano scelto di combattere con i tedeschi in alternativa al campo di prigionia, e un reparto di cavalleria russa. I reparti di volontari erano comandati da ufficiali tedeschi, ma l’insieme di culture e lingue diverse non facilitava l’integrazione e la comunicazione. L’efficienza e l’affidabilità di queste truppe era quantomeno dubbia.
Non si deve però dimenticare la presenza di un forte nucleo di veterani composto da truppe efficienti e addestrate, quali le unità corazzate, i paracadutisti, le divisioni combattenti delle SS. In Normandia i soldati alleati incontrano talvolta soldati nemici che parlano perfettamente inglese. Si tratta di tedeschi nati o vissuti negli Stati Uniti, rientrati in Germania per rispondere alla chiamata della patria. Qualcuno si imbatte in soldati che vestono divise di altri eserciti, o che parlano lingue che gli americani non riescono a capire. Questo crogiuolo di nazionalità diverse da entrambi i lati del fronte ha dato luogo a incontri curiosi, talvolta quasi divertenti.
Strani incontri
Qualche giorno dopo lo sbarco, nell’entroterra di Omaha Beach, uno squadrone di cavalleggeri della Russia Bianca, in uniforme impeccabile completa di colbacco di astrakan, si arrende ai soldati americani. Le modalità scelte per la resa sono curiose: i russi mandano prima una delegazione ad un reparto esplorante americano per sapere quale fosse l’entità dei loro effettivi, dichiarando di essere disposti ad arrendersi, ma solo di fronte ad una forza considerevole. Gli americani riescono a convincerli di essere in numero più che adeguato a salvare il loro onore, e i russi decidono quindi di arrendersi.
Donald Burgett, paracadutista della 101ª Aviotrasportata, racconta di aver visto il cadavere di un giapponese, di cui non riesce a spiegarsi la presenza. Un altro paracadutista gli racconta di aver ucciso un giapponese, un vero soldato giapponese in uniforme giapponese. La reazione di Burgess e dei suoi compagni è incredula, e pensano si tratti solo di una storia. Cambiano idea quando l’altro paracadutista indica loro il corpo del giapponese che giace disteso in un fossato sul lato della strada. Più tardi vengono a sapere che altri uomini del 506° reggimento paracadutisti si erano imbattuti in alcuni giapponesi e li avevano uccisi in combattimento. La vera ragione per la quale quei soldati si trovavano in Normandia è tuttora sconosciuta.
Un altro fatto curioso è costituito dalla cattura da parte dell’esercito americano di alcuni soldati asiatici che vestivano la divisa tedesca. Di uno di loro è stata ricostruita con precisione la storia. Yang Kyoungjong, coreano, è l’unico soldato conosciuto che nella Seconda guerra mondiale ha combattuto per tre diversi eserciti sui lati opposti del fronte: arruolato dai giapponesi, viene mandato a combattere contro i russi; preso prigioniero dai russi, combatte contro i tedeschi; preso prigioniero dai tedeschi, viene impiegato per la difesa della Normandia dove viene catturato dagli americani.
Della sua vita prima della Seconda guerra mondiale non si è saputo molto, ad eccezione del fatto che è nato in Corea e che viveva in Manciuria durante l’occupazione giapponese. Nel 1938, all’età di 18 anni, Yang viene arruolato come coscritto nell’esercito giapponese e obbligato a prestare servizio nell’armata del Kwantung durante le guerre di confine tra la Manciuria e la Repubblica Popolare Mongola. Durante le battaglie di Khalkhin Gol è catturato dall’Armata Rossa e mandato in un campo di lavoro in Siberia. Nel 1942, quando la Germania invade l’Unione Sovietica, a migliaia di prigionieri coreani e polacchi viene offerta la possibilità di combattere contro i tedeschi a fianco dell’Armata Rossa. Yang, che si trova da quasi quattro anni ai lavori forzati, decide di arruolarsi. Combatte con i russi per circa un anno, partecipando a varie battaglie lungo il Fronte orientale, tra cui la terza battaglia di Kharkov, nel corso della quale è catturato di nuovo, questa volta dai tedeschi. Questi ultimi non fanno caso al fatto che Yang sia un coreano che combatte in Ucraina con i russi, e pertanto segue la sorte di altre migliaia di prigionieri.
Dopo la sua terza cattura la storia di Yang sarebbe potuta finire, se anche i nazisti non avessero avuto l’abitudine di permettere ai prigionieri, in alternativa alla fucilazione, di offrirsi volontari per prestare servizio nella Wermacht. Yang viene arruolato in un Ostbattalion (letteralmente Battaglioni Est) della 709ª Divisione della Wermacht. Gli Ostbattalion sono piccoli reparti composti da volontari provenienti dai territori occupati dalla Germania nazista, inquadrati in più ampie unità composte da soldati tedeschi per essere utilizzati come truppe d’assalto e rinforzi ai battaglioni della Wermacht. Yang, ora combattente del Terzo Reich, è mandato in Francia con le truppe che difendono la Normandia. Con l’invasione ritroviamo Yang insieme ad un gruppo di prigionieri catturati dai paracadutisti del 506° reggimento paracadutisti della 101ª Aviotrasportata americana.
Il tenente Robert Brewer del 506° scrive nel suo rapporto che i suoi uomini hanno catturato “quattro asiatici in uniforme tedesca”. Anche se questo è tecnicamente corretto, i paracadutisti americani credono che i quattro uomini, tra cui Yang, siano giapponesi. In realtà tre di loro provengono dal Turkestan, mentre Yang è coreano. Non essendo in grado di esprimersi né in inglese né in tedesco, Yang viene inviato in un campo di prigionia in Inghilterra, dove rimane fino alla fine delle ostilità. Al termine del conflitto Yang emigra negli Stati Uniti e si stabilisce in Illinois, nella Contea di County, dove morirà nel 1992. Agli eventi dei soldati asiatici in Normandia si è ispirato il film My Way girato nel 2011 del regista coreano Je-Kiu Kang.
Italiani in Normandia
In Normandia c’erano anche soldati italiani, e alcuni di loro combattevano nelle file degli alleati. Uno si chiamava Ferruccio Giglio, era di Macerata e si era arruolato volontario in una unità britannica del genio. Su una lapide del cimitero militare britannico di Bayeux è scritto il nome di A. Fanconi. Figlio di emigrati italiani, militava nella Royal Navy ed è morto il 28 giugno del 1944 all’età di 38 anni. Nel 2004, durante il mio viaggio in Normandia che racconto nel volume Viaggio nel D-Day (Ares, 2021), di fianco alla sua lapide era stata posta una piccola bandiera italiana.
Ma tutto questo ancora non basta. Lo racconta con ricchezza di particolari Mario Vittorio Quattrina nel documentario D-Day – Lo sbarco in Normandia. Noi italiani c’eravamo (2009). Gli italiani presenti in Normandia durante lo sbarco possono essere ricondotti a quattro gruppi distinti. Il primo è costituito da non combattenti: si tratta di lavoratori civili (come, ad esempio, i dipendenti della Ditta Rizzotto di Arcole (Verona) impiegati in lavori di costruzione sul tratto di costa compreso tra Cherbourg a Le Havre.
Il secondo è costituito dai prigionieri di guerra italiani catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre. Si trattava in gran parte di militari del 6° Battaglione Alpini Trento, catturati a Grenoble e impiegati nella costruzione di fortificazioni sulla costa francese.
Il terzo gruppo comprende reparti di varia consistenza composti da italiani che avevano aderito alla Repubblica Sociale Italiana, e che combattevano al fianco dei tedeschi. Tra questi ricordiamo i mitraglieri aggregati al 736° Reggimento Fanteria tedesco, gli artiglieri del 1261° Reggimento Artiglieria costiera. Nella batteria antiaerea Martha, comandata dal tenente Danilo Bregliano, prestava servizio anche l’allora pressoché sconosciuto soldato Walter Annichiarico, in seguito noto con il nome di Walter Chiari. C’erano inoltre piccoli reparti di SS italiane aggregati alla divisione SS Hitlerjugend.
Il quarto gruppo non fu direttamente coinvolto nel D-Day, in quanto si trovava schierato più a ovest, davanti al porto di Saint Malò, sull’isola-bunker di Cezembre. Si tratta di un reparto di 200 marò della Decima Mas inquadrati nella Prima Divisione Atlantica Fucilieri di Marina. Protagonisti di un poco conosciuto atto eroico, resistono agli attacchi degli alleati per tutto il successivo mese di agosto. L’isola è bersagliata con 120mila tonnellate di bombe, tra cui per la prima volta nella storia venne utilizzato il napalm. I sessantanove marò sopravvissuti si arrendono solo il primo settembre 1944, obbedendo ad un ordine dell’OKM (Oberkommando Kriegsmarine) e ricevendo l’onore delle armi da parte dei reparti americani sbarcati sull’isola.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.