UIL: PERDITA SULLE PENSIONI FINO A 2.700 EURO L’ANNO
Tra le misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio c’è un nuovo sistema di rivalutazione degli assegni che, secondo i calcoli della Uil, può comportare una perdita di 2.700 euro l’anno per chi percepisce quelli di importo superiore a 10 volte il minimo. Per Pierpaolo Bombardieri e Carmelo Barbagallo, leader rispettivamente di Uil e Uilp, si tratta di “un intervento che va in direzione opposta alla necessità di aumentare il reddito dei pensionati, anche al fine di sostenere i consumi ed evitare che l’Italia vada, nel 2023, in recessione economica”. Anche Daniela Fumarola, reggente della Fnp-Cisl, come riporta Ansa, esprime insoddisfazione per questo meccanismo. “Nei prossimi giorni quando sarà definito il testo della manovra 2023, valuteremo in modo più approfondito i dettagli delle singole misure, ma la Fnp non può continuare ad accettare che in questo Paese sulla rivalutazione delle pensioni si continui a pensare di ‘fare cassa’ a scapito di pensionate e pensionati”, spiega la sindacalista, che chiude alla Premier “di aprire subito un tavolo di confronto per sanare questa eventualità”.
AUMENTI IN RIFORMA PENSIONI: COSA SUCCEDE DOPO IL 2022
In Manovra di Bilancio tra i vari provvedimenti sulla riforma pensioni, entrano anche le attese rivalutazioni dovute all’inflazione con i rispettivi aumenti dopo il 2022: come spiegato dal Ministro Giorgetti in sede di presentazione della Finanziaria, in relazione all’adeguamento all’inflazione la rivalutazione delle pensioni per il 2023 sarà del + 7,3%. Non tutti però vedranno un conguaglio “pieno” da gennaio 2023, specie le fasce “alte” ma anche “medie” e “medio-alte”.
Se infatti le pensioni minime vengono confermate con rivalutazioni al 120% – e dunque con lieve aumento rispetto al 2022 – non tutte le fasce avranno per l’appunto piena rivalutazione. Si torna al metodo delle “fasce” che saranno in tutto 6:
– 100% sulle pensioni fino a 4 volte il minimo (2.102 euro)
– 80% sulle pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (2.102-2.627 euro)
– 55% sulle pensioni tra 5 e 6 volte il minimo (2.627-3.152 euro)
– 50% sulle pensioni tra 6 e 8 volte il minimo (3.152-4.203 euro)
– 40% sulle pensioni tra 8 e 10 volte il minimo (4.203-5.254 euro)
– 35% sulle pensioni oltre 10 volte il minimo (sopra 5.254 euro). (Agg, di Niccolò Magnani)
FORZA ITALIA PUNTA A MINIME A 600 EURO
Come riporta Ansa, la ministra del Lavoro Marina Calderone, ospite di Rcs Academy, ha detto: “Riteniamo sia importante rimettere a sistema la riforma pensionistica, ma questo necessita di tempo e valutazioni, perché non ci possiamo permettere di fare troppe salvaguardie per gli esodati come è successo in passato”. Intanto Giorgio Mulè, ospite della trasmissione Omnibus in onda su La 7, ha spiegato che Forza Italia è convinta che sia possibile aumentare ulteriormente le pensioni minime portandole a 600 euro al mese, perlomeno per chi ha più di 70 anni e un Isee molto basso, rispetto ai 574 previsti grazie alla rivalutazione del 120% inserita tra le misure di riforma delle pensioni nella Legge di bilancio. E l’Anp-Cia apprezza questa mossa dell’Esecutivo, soprattutto perché apre alla possibilità di ulteriori incrementi fino ad arrivare ai 780 euro che l’associazione nazione dei pensionati aderente alla Confederazione italiana agricoltori ritiene la soglia minima (pari all’importo erogato con la pensione di cittadinanza) per affrontare un periodo molto critico per i pensionati visti gli aumenti delle bollette e dei prodotti che fanno parte del cosiddetto carrello della spesa.
LE PAROLE DI ELSA FORNERO
Come riporta Ansa, Elsa Fornero, in un articolo pubblicato su Mondo Economico, scrive che la riforma delle pensioni “che porta il mio nome, è la risposta non soltanto all’esasperante lunghezza della transizione, alla prospettiva di crisi finanziaria e allo stallo politico ma anche ai problemi demografici ed economici”. Dal suo punto di vista “avrebbe dovuto essere comunicata in modo corretto, facendo leva sulla riduzione degli oneri caricati sulle spalle delle generazioni giovani e future e sulla correzione di inaccettabili ingiustizie (come quella insita nei vitalizi dei parlamentari, sostituiti, a partire dal 2012, dalla stessa formula adottata per tutti gli italiani). Fu invece interpretata in termini di pura austerità – imposta dalla cancelliera Merkel per salvare le banche tedesche – e di blocco all’occupazione dei giovani”. L’ex ministra del Lavoro evidenzia che comunque il Governo Meloni “sembra intenzionato a confermare queste misure”: “una soluzione di prudenza dopo tanta faciloneria populista e irresponsabilità fiscale”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PROIETTI
Secondo Domenico Proietti, Segretario confederale della Uil, “Quota 103 continua a essere un ambo secco e non dà una risposta adeguata a tutti i lavoratori precoci, mancando di introdurre una flessibilità più diffusa di accesso alla pensione. Utile la proroga dell’Ape sociale, che andrebbe ulteriormente semplificata, rendendo meno stringenti i requisiti di accesso, come quella di opzione donna, che però è sbagliato legare ai requisiti incrementali. È contro ogni logica il taglio alla rivalutazione delle pensioni: con l’aumento dei prezzi, in particolare quelli dell’energia, bloccare la rivalutazione sarebbe un accanimento su una categoria che nel periodo pandemico e di crisi economica è stata tra le più esposte ai rischi”.
LA CRITICA DI CAMUSSO
Susanna Camusso, invece, intervistata da Repubblica, spiega che Opzione donna “è già una gigantesca discriminazione contro le donne. Collegarla al numero dei figli è una discriminazione nella discriminazione”. L’ex Segretaria generale della Cgil, oggi senatrice del Pd, evidenzia che “si continua a irrigidire il sistema, fino a farlo diventare penalizzante per le persone. Sono stati capaci di mettere anche un tetto all’importo della pensione di chi sceglie Quota 41, oltre a quello dell’età a 62 anni. E di fare cassa pure sulle donne”, perché con la nuova Opzione donna “di fatto si alza l’età a 60 anni, discriminando una misura già di per sé poco usata perché molto penalizzante per le donne, visto che chi è costretta a sceglierla ci perde il 30-35% dell’assegno col ricalcolo contributivo”.
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