Non ci sarà alcuna pace fiscale per i club di Serie A. Un no secco quello arrivato dal governo che rischia di mettere in difficoltà diverse società professionistiche, a partire da quelle del massimo campionato. Come riporta Il Messaggero, negli ultimi tre anni lo Stato ha sospeso i versamenti delle ritenute Irpef sugli stipendi, i contributi previdenziali e l’Iva. Una mossa per alleviare le difficoltà dei club, già in crisi da tempo e colpite dall’emergenza Covid, con le restrizioni del caso tra stadi chiusi, campionati fermi e affari congelati.
La moratoria però sta per terminare e non ci sarà alcun tipo di rinnovo, per il momento. Le società professionistiche sono dunque chiamate a saldare i debiti entro il prossimo 22 dicembre 2022, meno di un mese. Un vero e proprio incubo, rimarca il quotidiano capitolino, che potrebbe addirittura mettere a rischio la tenuta di certe società. Per due club, infatti, si profila lo scenario fallimento.
Serie A, governo dice no a pace fiscale
600 milioni di euro: questa la cifra in ballo tra tasse e contributi previdenziale. Cifre importanti che mettono in seria difficoltà alcuni club di Serie A. Secondo Il Messaggero, il versamento entro fine anno manderebbe in default almeno un paio di società. Quattro società hanno congelato tutti i versamenti: parliamo di Lazio, Torino, Verona e Sampdoria. Il club biancoceleste è sull’ordine dei 40 milioni di euro, ma sono le ultime due società ad avere grosse difficoltà. Ricordiamo che i blucerchiati sono al centro di un cambio di proprietà e sono alle prese con criticità non da poco. Cifra elevata anche per la Roma – 38 milioni di euro – ma i Friedkin hanno già messo in bilancio le risorse finanziarie per regolare i debiti con l’erario. I club di Serie A sono al lavoro per trattare una tregua fiscale, con Lotito in prima linea. Il ministro Andrea Abodi però ha ribadito il suo no a proroghe per il pagamento dei debiti: “Il calcio non è un mondo a parte, la posizione che abbiamo assunto è nota: non c’è alcuna rateizzazione sul tema, ma solo un differimento tecnico dei termini dal 16 al 22 dicembre”. Il governo per il momento resta fermo sulla linea del no, ma non è possibile escludere del tutto ripensamenti last minute.