La performance art è la forma con la quale l’arte contemporanea ha cercato un raccordo con la vita (e le sue contraddizioni), scegliendo di legarsi così intensamente al “qui e ora” da rischiare l’evanescenza. E così sarebbe se un video, una foto, il report di un critico o un libro, non trattenessero la performance dallo scomparire l’istante dopo la sua produzione. Negli anni 70 l’avanguardia della performance art in Europa e poi negli Usa si è incarnata nelle vite e nei corpi di Marina Abramović e Ulay, due rivoluzionari performers che hanno dettato i codici di questa forma espressiva.
Nella performance art il confine tra arte e vita sfuma, in primis per i due artisti, una donna e un uomo che hanno dedicato dodici anni a scandagliare la crisi del rapporto uomo-donna, svelando la violenza del quotidiano, con performance provocatorie e conturbanti, divenute mainstream nei decenni successivi.
Tutto inizia a Amsterdam nel 1976 quando i due artisti si incontrano e danno inizio a un sodalizio artistico itinerante, improntato a un minimalismo sconfinante nel pauperismo. Per cinque anni Marina e Ulay vivono in un furgone, un ex cellulare della polizia trasformato da strumento di controllo e repressione in un vettore di “Movimento Permanente”, il nome della loro forma espressiva e del tentativo di trasformare il loro amore in arte. Relation Works è il titolo di una serie di performance sulla degenerazione violenta dell’amore tra uomo e donna. Prodotta tra il 1976 e il 1981 in luoghi differenti, la stupefacente sequenza realizza ogni volta un’istantanea sullo stato di crisi del rapporto uomo-donna.
Nell’atto della perfomance art lo scarto tra il materiale della rappresentazione e il suo contenuto è ridotto a zero: niente pennelli, colori, niente metallo, pietra, legno… nessun oggetto estraneo alla vita quotidiana, solo i corpi dei due attori, talvolta nudi. All’epoca conosciute solo da una ristretta élite, Relation in space (1976), Relation in time (1976), Breathing in/Breathing out (1977), Imponderabilia (1977), AAA-AAA (1978); Light/Dark, (1977), Rest Energy (1980), Nightsea Crossing/Conjunction (1981-1987) sono oggi molto popolari, anche tra i più giovani. Ogni singola performance mette in scena una violenta provocazione, un metaforico schiaffo al pubblico, il cui scopo è quello di svegliare lo spettatore, costringendolo a prendere posizione sul contenuto a cui sta assistendo.
Iniziamo allora da Light/Dark dove Mariana e Ulay sono seduti uno difronte all’altro colpendosi alternativamente al volto con potenti schiaffi, finché uno dei due – la donna – cade tramortita. Light/Dark, realizzata a Bologna, è un’articolazione di Relation in space rappresentata alla Biennale di Venezia, dove i due performers nudi camminano avanti e indietro in uno spazio chiuso, prima sfiorandosi, poi scontrandosi violentemente, col corpo della donna sbattuto a terra dall’urto. In Relation in time i due artisti sono seduti schiena contro schiena legati uno all’altro coi propri capelli. Il pubblico è ammesso dopo 17 ore e può assistere alle ultime 7 ore della performance, quando la spossatezza del corpo di uno trascina dolorosamente con sé il corpo dell’altro. In AAA-AAA, realizzata a Belgrado, l’uomo e la donna si producono in un urlo continuo, che scarica tutta la forza di un corpo contro il corpo dell’altro. La performance dura 20 minuti, sufficienti a sfinire artisti e pubblico. Rest Energy dura solo 4 minuti: in abiti borghesi un uomo e una donna, tendono un arco col peso dei propri corpi, creando così una tensione, mentre la freccia è puntata sul cuore di lei. In Breathing in/Breathing out Marina e Ulay inscenano un bacio mortale, respirando l’uno l’aria dell’altro, stramazzando a terra cianotici dopo 17 minuti di questa reciproca tortura. In Imponderabilia, anch’essa realizzata a Bologna, i due performers stanno nudi in piedi all’interno della porta d’ingresso di uno spazio teatrale, costringendo lo spettatore a strusciarsi contro i loro corpi. È l’idea dell’assenza di spazio nella coppia autoreferente, che non ammette altri al proprio interno, se non per un passaggio furtivo.
La serie si chiude idealmente con Nightsea Crossing/Conjunction, una performance, all’apparenza, meno violenta, che fu replicata diverse volte, fino al 1987, l’anno che precede la separazione di Marina e Ulay, nell’arte e nella vita. All’estremità di un tavolo, un uomo e una donna stanno immobili per 7 ore, digiunano e non parlano. Tra i due ogni pulsione è sospesa. La performance si ripete per 7 giorni durante i quali i due performers proseguono il digiuno. Ulay però crolla e abbandona la performance, lasciando la compagna a proseguire da sola. Il crollo durante la performance è sintomatico della rottura, già avvenuta, nella coppia.
Gli ultimi 3 anni, confessa Marina Abramović in alcune interviste, “furono orribili”. A far saltare il sodalizio che aveva resistito ai rigori della vita ascetica, fu l’arrivo del successo, l’evento temuto e desiderato che scatena in Ulay invidie e violente recriminazioni. Il precario equilibrio di Rest Energy si consuma definitivamente nell’ultima grandiosa performance, The Lovers (progetto 1982, realizzazione 1988), la traversata, partendo dagli antipodi, della Grande Muraglia Cinese, che al contrario di ciò che la performance avrebbe voluto simboleggiare, l’incontro di due amanti, divise Marina e Ulay per sempre. Del resto, è noto: l’opera d’arte vive di vita propria, una volta creata sfugge dalle mani dell’artista. Neppure la performance art fa eccezione.
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