“Rischiamo di morire di carenza di liquidità”. Federica Brancaccio, da giugno 2022 presidente di Ance, l’associazione nazionale costruttori edili, comparto che pesa per il 30% del Pil (“Ma nel 2022 questa incidenza sarà anche maggiore”), fotografa così la situazione verso cui sta andando il settore, alla luce dei pesanti problemi che stanno frenando, se non bloccando, le imprese sui fronti del superbonus (“Vanno sbloccati i miliardi fermi nei cassetti fiscali”) e del Pnrr (“Devono arrivare le risorse previste dalle misure straordinarie per compensare parzialmente il caro materiali”), con un impatto devastante su Pil, occupazione e famiglie.
Ma Brancaccio resta comunque ottimista: “Dobbiamo essere tutti bravi a saper cogliere le buone prospettive e a trovare le giuste soluzioni”.
Il governo ha deciso una restrizione del Superbonus al 90%: che cosa ne pensa?
Siamo molto, ma molto critici sul metodo. Noi siamo dell’idea che i bonus edilizi devono diventare un pezzo importante della nostra politica industriale e per questo sarebbe opportuno ragionare su tempi, obiettivi e strumenti. Invece è arrivata l’ennesima modifica in corsa.
Anche questa revisione avrà un effetto frenante e disorientante come le precedenti?
Bloccherà, ovviamente, tutto, almeno per un lungo periodo. Passare dal 110% al 90% può sembrare poco, in realtà frenerà tutti i condomini, perché alcuni faranno fatica a metterci i soldi e altri neppure li avranno da spendere. Al di là di questo, però, si è ingenerata una sfiducia verso queste normative in continuo cambiamento. Questo è il problema di metodo con cui il nostro paese convive da troppi anni.
E nel merito qual è il suo giudizio sul nuovo superbonus ridotto?
La vera urgenza devastante in questo momento sono i cassetti fiscali pieni, ma non ancora monetizzati. Se non si trova una soluzione, andiamo incontro a uno scenario critico, se non drammatico, che colpirà imprese, famiglie e professionisti.
Perché?
Abbiamo un rischio altissimo di fallimento per migliaia di imprese e un rischio di moltiplicazione dei contenziosi con i condomini. Abbiamo famiglie che hanno fatto un investimento acquistando un immobile o un appartamento sul presupposto di poterlo ristrutturare e riqualificare e oggi si ritrovano senza la possibilità di monetizzare i crediti d’imposta. Le banche sono sature, hanno chiuso tutti i canali, Cdp e Poste da tempo hanno bloccato tutto. Ne deriverebbe un impatto devastante sulla nostra economia, ben superiore ai costi di una misura su cui si dibatte se sia o meno troppo onerosa per le casse pubbliche.
Come si può evitare di restare intrappolati in questo tunnel?
Per superare questa situazione emergenziale noi abbiamo proposto assieme all’Abi, che è come noi consapevole del rischio terrificante che si sta per correre, una misura, tempestiva e di carattere straordinario, quindi non da adottare a regime e per sempre, che consenta agli intermediari di ampliare la propria capienza fiscale, la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali, limitati ai lavori in corso, raccolti con gli F24 che transitano per le banche, compensandoli con i crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese e acquisiti dagli intermediari.
E’ questo il vero nodo da sciogliere?
Dopo ben 18 revisioni il nodo da sciogliere è ancora quello della monetizzazione dei crediti.
I cantieri sono ancora fermi? E che prospettive ci sono?
Le imprese che ancora ce la fanno e hanno speranza che si sblocchi qualcosa stanno andando avanti, ma abbiamo ancora moltissimi cantieri che si sono fermati, generando, da un lato, evidenti problemi di degrado, perché dove i lavori si sono bloccati restano impalcature o condomini riqualificati a metà, e dall’altro, un problema di ordine finanziario.
Quale?
Anche il credito maturato, magari legato a uno Stato di avanzamento lavori, non è più credito d’imposta, perché un credito d’imposta diventa esigibile solo se quei lavori vengono completati. E tutto torna in capo al condominio, con tante famiglie davvero disperate. E’ un meccanismo complesso, ma le assicuro che si sta per creare il disastro assoluto. E’ una situazione pericolosa.
Pericolosa per l’economia del paese o pericolosa anche per possibili ricadute di disagio sociale?
Le due cose viaggiano sempre insieme: se c’è un boomerang economico così forte, è chiaro che ne deriva anche un profondo problema sociale.
Oltre al groviglio dei bonus edilizi, anche dal fronte dei lavori pubblici non arrivano buone notizie. E’ vero che mancano i fondi per l’attuazione del Pnrr?
E’ chiaro che il Pnrr è stato tarato in un momento in cui non erano ancora esplosi i prezzi. Quindi, a fronte di certe stime per alcune opere del Pnrr che oggi, a causa di tutto quello che sta succedendo, dal Covid alla guerra in Ucraina, sono notevolmente cresciute, è evidente che siano insorti problemi di copertura. E’ anche vero però che noi abbiamo tanti fondi europei da recuperare, perché tra fondi strutturali e di coesione l’Italia ha finora speso il 50% circa della dotazione. Lì si possono recuperare risorse per coprire questa impennata dei prezzi. E su questo punto voglio essere ottimista e mi auguro che il nostro paese non sia obbligato a chiedere una revisione del Pnrr.
Ma a che punto siamo con il Piano?
La parte cartacea è stata completata, i fondi sono stati territorializzati, adesso dobbiamo affrontare le criticità che stanno emergendo a livello di pubbliche amministrazioni, in questi anni impoverite di personale e competenze, che dovranno darsi una bella mossa. Prima di parlare di riprogrammazione, visto che si tratterebbe di definire che cosa poi andremmo a chiedere all’Europa e quali obiettivi dovremmo decidere di tagliare, io farei uno step intermedio, cercando di capire quanto del tempo perso si potrà recuperare nel corso del 2023.
Ritardi dovuti solo alla farraginosità della Pubblica amministrazione?
I ritardi sono dovuti anche al fatto che abbiamo dovuto aggiornare i prezziari. Rfi, per esempio, un committente molto importante, ha dovuto far slittare di mesi i bandi proprio per questo motivo. Quindi, dobbiamo mantenere i nervi saldi e vedere come il paese, che nelle emergenze sa tirare fuori il meglio di sé, riuscirà a recuperare.
Nella bozza della manovra c’è un primo passo per dare più soldi ai bandi pubblici, ma solo quelli che partono l’anno prossimo. E’ una misura sufficiente?
Nella bozza si parla di un 10% in più alle stazioni appaltanti per i nuovi bandi, quelli ancora in corso di progettazione. Che ciò sia sufficiente o meno, dipenderà dall’andamento dei prezzi, che speriamo si calmino.
La sua previsione? Assisteremo ancora a brusche oscillazione da ottovolante?
Per ora è tutto molto volatile, difficile fare previsioni plausibili, troppe variabili in gioco: la guerra, la speculazione, i mercati mondiali…
E sul fronte interno?
La domanda, almeno su alcuni materiali, si è un po’ rallentata, ma i prezzi sono ancora molto volatili.
A proposito di caro materiali, i costruttori chiedono l’adeguamento dei prezzi anche per i cantieri in corso. Perché?
Questo è uno degli articoli che dovrebbe rientrare nel decreto sulla manovra, perché noi abbiamo avuto, con il decreto Aiuti-ter, una misura per il 2022, in scadenza il prossimo 31 dicembre, che in qualche modo rappresenta una sorta di paracadute di fronte alle impennate dei prezzi. E’ semplicemente necessario prorogare questo paracadute, altrimenti il 1° gennaio 2023 le imprese si troverebbero a lavorare con i prezzi fissati nei bandi di 4-5 anni fa, mentre le offerte ante 31 dicembre 2021 vanno adeguate ai prezziari aggiornati. Non farlo equivarrebbe a fermare tutti i cantieri aperti.
Vale per tutti i cantieri?
Attenzione: se qualche paracadute, per quanto insufficiente o farraginoso, è stato previsto per i lavori pubblici, nel mercato del privato nulla. I bonus hanno dei massimali e quelli sono rimasti tali, mica sono stati incrementati del 40% come i costi dei materiali. E per chi sta costruendo un nuovo immobile facendo i conti con questi aumenti, a quanto poi dovrebbe rivenderlo, in un momento in cui, oltre tutto, anche i tassi stanno salendo, per cui l’acquirente dovrà pagare un mutuo più salato?
Il caro energia si fa ancora sentire sui costi e sulle bollette delle imprese? Come si può aiutare il settore su questo versante?
nel settore delle costruzioni il caro energia si fa sentire non tanto per l’incidenza diretta, ma per quella indiretta dei materiali, perché noi li compriamo da aziende energivore. Tenga conto che abbiamo stimato in media, da giugno a oggi, un rincaro dell’energia del 30%.
A fronte di questa situazione e al di là delle misure già previste, che cosa vi aspettate che debba ancora fare il governo?
Sul superbonus ci aspettiamo, come misura urgentissima, l’adozione della cosiddetta “proposta F24” avanzata assieme all’Abi, per poi aprire un tavolo di confronto per discutere di bonus in generale. Sul Pnrr, assieme a tutti gli operatori economici, dobbiamo collaborare con il governo per recuperare i ritardi accumulati, evitando una sua riprogrammazione. Sul caro materiali, siamo ottimisti, perché le nostre interlocuzioni con il governo sono avvenute all’insegna di una grande consapevolezza della gravità del problema.
Che potrebbe avere pesanti conseguenze sul Pil e – immagino – anche sull’occupazione.
Mamma mia…
Un’ultima questione per voi delicata e decisiva: che fine ha fatto la riforma del codice degli appalti?
A inizio dicembre una prima bozza andrà in Consiglio dei ministri, da approvare entro il 31 marzo 2023. Abbiamo ravvisato delle criticità e abbiamo chiesto un tavolo permanente, fino alla sua approvazione, con gli operatori del settore per far sì che questo codice funzioni, contrariamente a quanto successo dal 2016 a oggi.
Quali sono i difetti da correggere, i limiti da superare?
Ormai li conosciamo tutti. Per noi il codice degli appalti è la bibbia che ci deve accompagnare nella crescita del paese nei prossimi anni e come principio ispiratore, come faro, deve avere la collaborazione fra le parti, la pari dignità nei rapporti contrattuali fra stazione appaltante e impresa, e non come succede adesso, che è sbilanciato a favore del committente, tra l’altro con risultati insoddisfacenti per la stessa pubblica amministrazione. Bisogna poi intervenire sul nodo della presunzione di innocenza: ci vuole fiducia fra le parti, perché in questo paese si fanno norme cavillosissime per evitare imbrogli e truffe, ma nelle pieghe di questi cavilli il truffatore riesce poi a trovare un escamotage. Ognuno deve fare bene il proprio lavoro e il pubblico deve vigilare affinché ciò avvenga, ma senza imporre un eccesso di vincoli, lacci e lacciuoli. Infine, chiediamo una qualificazione vera delle stazioni appaltanti e delle imprese.
(Marco Biscella)
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