Come abbiamo visto il governo Meloni è riuscito finalmente a mettere mano ad una normativa per la legge previdenziale che sarà attiva da gennaio 2023. Si tratta della riforma pensioni con quota 103manovra non ha risolto tutte le richieste avanzate dalle parti sociali e dai sindacati nei mesi precedenti, quelli dei tavoli di lavoro abortiti poi dal governo Draghi.
Riforma pensioni 2022: una riforma “da poco” (costerà solo 1 miliardo)
Naturalmente tutta la normativa dovrà rientrare all’interno della legge di bilancio che dovrà essere votata a dicembre. Ma per quanto concerne la riforma pensioni 2022 questa si doterà soltanto dei 41 anni di contributi e 62 anni di età come paletto fisso. Una scelta che beneficerà soltanto 45 mila lavoratori e che costerà poco meno di un miliardo di euro per il primo anno e poi arriverà a costare fino a 6 miliardi entro il 2025.
La scelta di optare per una riforma pensioni 2022 realizzata in questi termini naturalmente non risolve i problemi della mancanza di una legge strutturale che potrebbe essere varata nel 2023, fanno sapere fonti governative, ma in realtà questo non potrà accadere. Come infatti ha dichiarato la stessa Elsa Fornero martedì scorso durante la trasmissione televisiva Di Martedì, condotta da Giovanni Floris, su la7 “dovranno spiegare come troveranno i soldi”. L’ex ministro del lavoro infatti ha chiarito che non è possibile comprendere se il governo ha una visione di medio termine, se cioè ha già un’idea di dove troverà fondi per una riforma strutturale.
Riforma pensioni 2022: la proposta indecente del taglio alle perequazioni
L’ex ministro Fornero ha sempre detto che la sua legge può essere corretta perché è stata varata in un momento storico molto difficile. Ma questo non significa che possa rimanere tale e quale.
È per questo che il governo Meloni ha ipotizzato di mettere mano al taglio sulla perequazione delle pensioni. Si tratta però di un’ipotesi che potrebbe intaccare i redditi più alti, vale a dire le pensioni che sono superiori ai 2.097 e contenute entro i 2.621 euro.
In questa fascia di reddito infatti si potrebbe far risparmiare allo stato 1,45 miliardi. Si tratta di un pensiero indecente, che comporterà necessariamente il taglio del 50% del costo della riforma nei prossimi anni e che potrebbe anche causare la scelta di applicare la franchigia sull’assegno fino a cinque volte il minimo.
Tuttavia il taglio delle perequazioni delle pensioni potrebbe avvenire anche contro la legge dal momento che è sulla base di una normativa che tutte le pensioni, anche quelle dei redditi più alti, vengono adeguate sulla base dell’inflazione. Sarà quindi da valutare in che modo il governo intenderà operare questo taglio.