Con San Giacomo della Marca, nato a Monteprandone, Ascoli Piceno, nel 1394 e morto a Napoli il 28 novembre 1476, le omelie erano ancora seguite. “Ogni domenica predicava in Santa Maria la Nova, chiesa francescana ampia e monumentale. Ma per il fascino della sua parola la spaziosa chiesa non bastava a contenere la folla degli uditori che si doveva raccogliere anche nella antistante piazza Donnalbina”, ricorda Enrico Cirillo. Ecco quello che occorre oggi: che la parola dei preti abbia fascino. La bellezza è lo splendore del vero. Il cristianesimo, quello autentico, è un fatto affascinante.
Giacomo, ormai predicatore famoso, ricordava di essere stato guardiano di pecore e di porci. Il novizio frate Jacobo divenne sacerdote il 25 luglio 1403, assumendo il nome dell’apostolo san Giacomo, del quale ricorreva la festa. Col sacerdozio gli venne affidato l’ufficio della predicazione, l’occupazione principale della sua vita.
San Giacomo della Marca fu un grande predicatore, in Italia e in Europa: molti Papi richiesero il suo servizio evangelizzatore. La sua predicazione è fortemente ispirata a quella di Bernardino da Siena, con il quale, esisteva un rapporto di familiarità e di discepolato. Dalla predicazione di Bernardino Giacomo mutua le tecniche vocali e gestuali, i contenuti e la struttura del sermo. Sul modello bernardiniano, predilige “un’articolata trattazione di temi etico-politici, che finisce col sostituire l’esegesi letterale del Vangelo”, utilizzando a piene mani materiali provenienti dai testi della teologia morale e dal diritto canonico; fa ampio uso di exempla, spesso presentati in forma drammatizzata; utilizza per lo più il volgare; si impegna nel sostenere la diffusione della devozione al nome di Gesù, cara a Bernardino; insiste su alcuni obiettivi polemici ricorrenti, le pratiche superstiziose, il lusso, in particolare quello femminile, il gioco, la bestemmia, l’usura, tema questo al quale si collegano da un lato la promozione di Monti di pietà; una particolare attenzione è riservata al tema della pace all’interno delle città e del territorio, che porta Giacomo a proporre la creazione della figura istituzionale del paciere e ad assumersi in prima persona il ruolo di mediatore; sul piano dei risultati, la sua predicazione, oltre a suscitare fin da subito apprezzamento ed entusiasmo da parte dei fedeli, si traduce in riforme statutarie e in fondazione di confraternite di laici devoti» (Carla Casagrande).
Un altro aspetto della sua predicazione è già presente nei primi anni di apostolato: la lotta contro i movimenti ereticali. Giova a noi, che potremmo subito risentire di un pregiudizio, ricordare cosa sia un’eresia: andando all’origine della parola, dal latino haerĕsis, greco αἵρεσις, propriamente “scelta”, derivato di αἱρέω “scegliere”, è una dottrina che si oppone a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica oppure alla teologia di qualsiasi chiesa o sistema religioso.
Tra le attività della vita di Giacomo va ricordata la costituzione della biblioteca del convento di S. Maria delle Grazie di Monteprandone nella quale riuscì a radunare poco meno di 200 codici. Egli, animato da un vero e proprio amore per i libri, non risparmiò né forze né denaro: copiò lui stesso alcuni codici, altri li fece cercare o copiare pagandoli anche a caro prezzo. Una volta che la biblioteca fu costituita si preoccupò che non andasse dispersa regolandone le procedure di consultazione e di prestito. Attualmente a Monteprandone restano circa una sessantina di codici; gli altri, in seguito ad alcuni trafugamenti avvenuti nel XVIII e nel XIX secolo, sono dispersi in varie biblioteche.
La fonte principale delle sue prediche era ovviamente la Sacra Scrittura. Ma un posto a parte occupava Dante Alighieri: per Dante Giacomo, cosa rara in quel tempo, aveva grande stima, come per un autore sacro o un teologo; nella sua biblioteca personale aveva due copie della Commedia che leggeva spesso, imparava a memoria e citava frequentemente nelle sue prediche. Viene da pensare a don Giussani con Leopardi.