Caroline Eliacheff e Céline Masson sono due psicanaliste, autrici di un libro imperniato sulla transizione di genere nei bambini, che attraverso le colonne del quotidiano “Le Figaro” hanno voluto denunciare l’atmosfera pesante venutasi a creare in Francia e generata dagli attivisti trans, che le hanno costrette ad annullare tre conferenze nel giro di una settimana, mediante pressioni e minacce. “Viviamo in Francia in un clima di terrore intellettuale – ha spiegato Masson –. Sui social network volano accuse alla minima contraddizione con il discorso mainstream. Queste pratiche di censura sono ‘fatti sociali totali’, come dice Marcel Mauss. Scuotono la società e le sue istituzioni. Sono sintomatici di una disfunzione del corpo sociale, evidenziando il basso livello di pensiero e caratterizzata dalla polizia del pensiero, che dà la caccia a coloro che non che non rientrano in questo vittimismo pseudo-progressista”.
Eliacheff, ha proposito della questione trans in Francia, ha affermato: “È ragionevole, accettabile, accusare chiunque critichi i discorsi transfobici che si stanno facendo? I diritti delle persone trans devono essere protetti, ma ciò non ci impedisce di discutere di questioni che riguardano tutti noi. Per non essere etichettati come transfobici, saremmo costretti ad accettare l’intera ideologia transazionalista di proselitismo senza discussione? Se, secondo questi attivisti, la transfobia uccide, l’accusa infondata di transfobia mina la democrazia e distoglie l’attenzione dalla necessaria protezione dei minori”.
TRANS FRANCIA, ATTIVISTI MINACCIANO E ACCUSANO DI TRANSFOBIA CHI AFFRONTA IL DISCORSO
Masson, a proposito dell’attivismo trans in Francia, ha chiarito che “il nostro obiettivo è quello di affrontare il tema del loro impatto sui bambini. Decifriamo i discorsi che si insinuano nelle nostre istituzioni per fornire elementi di riflessione e di comprensione di questi cambiamenti antropologici. In questo senso, siamo delle lanciatrici di allarmi, perché crediamo che questa sia una battaglia di civiltà. Riprendo il motto di Rabbi Tarphon (I secolo dopo Cristo): ‘Forse non ci sarà permesso di finire il lavoro, ma non possiamo sottrarci alla necessità di farlo'”.
Alle autorità pubbliche le psicanaliste hanno rivolto un appello preciso: “Chiediamo al Ministero della Salute di condurre un’indagine indipendente sul trattamento della malattia”.