La decisione improvvisa di Vladimir Putin di procedere con una mobilitazione di massa per la guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova le imprese russe e rischia di soffocare la crescita della Russia. Lo rivela il Financial Times, spiegando che così si è aggravata la carenza di manodopera ed è stata accelerata la tendenza allo spopolamento. Basti pensare alle scene disperate che sono state viste in fabbrica. La mattina dopo l’annuncio, infatti, gli uomini russi hanno trovato a lavoro avvisi che li invitavano a recarsi agli uffici di leva, così le loro mogli in serata si sono dovute recare sul luogo di lavoro per cercarli, visto che non avevano fatto ritorno a casa. “Abbiamo dovuto dar loro da bere per calmarle. Potete capirle: i loro uomini sono usciti per andare a lavorare la mattina e non sono tornati a casa“, ha dichiarato al quotidiano britannico un dirigente di una grande azienda mineraria e metallurgica.
La mobilitazione di almeno 300mila persone per la guerra in Ucraina e l’esodo di altre centinaia di migliaia di persone ha scosso le aziende russe, anche se quei numeri rappresentano una frazione dei 72 milioni di lavoratori russi. Ma il Financial Times ha parlato con oligarchi, imprenditori e dipendenti, senza rivelarne i nomi per proteggerli da eventuali ritorsioni, apprendendo che la mobilitazione è stata dirompente per l’economia e colpirà la crescita a lungo termine della Russia. Si è registrata, infatti, la più grande carenza di manodopera in Russia dal 1993, secondo uno studio del think tank Gaidar Institute.
“ERRORE DISASTROSO PER LA CRESCITA ECONOMICA”
C’è chi si aspetta tagli alla produzione e un calo della sua qualità. “In poche parole, questo significherà che avremo meno persone sane, istruite e forti, quelle che creano il PIL di un Paese. Se la crescita economica fosse la priorità del governo, lo definirei un errore disastroso“, il commento dell’economista Vladimir Gimpelson, che ha lasciato Mosca per lavorare in Usa. L’amministratore delegato di un’azienda di materie prime al Financial Times ha raccontato che in una lontana area industriale della Siberia “hanno semplicemente preso chi potevano“. Ma non ha fatto pressioni per ottenere esenzioni per i suoi lavoratori, perché poteva ritorcersi contro facilmente. “Se chiedi l’esenzione per 10 persone, ti viene chiesto di elencare 30 persone che possono essere mobilitate come riserve“. Chi ha potuto è andato via. In questa situazione si aggrava anche il dato relativo al declino della popolazione russa: secondo il servizio delle guardie di frontiera, che fa parte dell’agenzia di sicurezza FSB, 9,7 milioni di persone hanno lasciato la Russia da luglio a settembre, registrando un aumento di 1,2 milioni rispetto all’anno precedente, quasi il doppio del totale del trimestre precedente. Secondo i demografi in Russia ci sarà un calo del 25% del numero di lavoratori di età compresa tra i 20 e i 40 anni entro il 2030, una fascia di età fondamentale per la produttività. I lavoratori migranti provenienti dall’Asia centrale possono occupare posti vacanti per lavori non qualificati, ma non saranno in grado di sostituire i dipendenti altamente qualificati. Per alcuni gruppi, però, la mobilitazione è stata anche un’opportunità di risparmio: licenziare dipendenti per le grandi aziende russe è sempre complicato.