Il tema delle character skills (dette impropriamente competenze non cognitive) è sempre all’ordine del giorno, sia nella pratica degli insegnanti, sia nell’analisi degli studiosi, vista anche la loro introduzione nelle direttive Ocse, Unione europea e Miur.
Il rapporto tra apprendimento e caratteristiche della personalità non è certo nuovo, come ribadito più volte anche in questa sede. La trasmissione di saperi che avviene nella scuola ha come scopo anche quello della crescita della personalità dei ragazzi. La novità che investe questo tema (oltre agli inglesismi entrati in uso) riguarda il fatto che da anni se ne sta facendo oggetto di attenzione specifica, sia nell’indagine accademica, sia nella prassi scolastica. Esiste un bisogno di conoscere maggiormente quello che prima veniva dato più per scontato, anche se comunque tenuto presente: i giovani in formazione vanno considerati nella loro complessità cognitiva, affettiva, emotiva, relazionale.
Un fattore che nell’educazione si sta rivelando sempre più decisivo (forse anche per il generale clima di smarrimento che si vive) è quello dell’autocoscienza dei ragazzi, elemento che rientra tra i character skill cognitivi. Una riflessione sul proprio vissuto è ciò che dovrebbe avvenire in ogni ora di lezione e in ogni disciplina. Da qualche tempo, però, è emersa l’esigenza di dedicare a questo scopo dei momenti dedicati, nell’idea di dare maggior sostegno alla crescita personale dei ragazzi.
Alcune iniziative in corso nella Provincia autonoma di Trento possono dare un’idea concreta di ciò di cui si tratta.
Il progetto “Sentirsi forti”, proposto agli studenti della scuola secondaria di primo grado per far fronte alle difficoltà nella ripartenza della scuola, dopo l’emergenza Covid-19, ha avuto lo scopo di aiutare gli studenti ad accrescere la consapevolezza di sé, della propria esperienza, delle proprie competenze sociali ed emotive e di imparare ad agirle nel contesto scolastico.
Attraverso l’esercizio chiamato “Linea del tempo”, ad esempio, docenti e studenti osservano attentamente gli eventi più rilevanti del proprio passato, dalla nascita al momento presente, oppure in un periodo più breve, come l’ultimo anno, e individuano i fatti più salienti, osservando se e quali cambiamenti hanno portato per se stessi, sia dal punto di vista della consapevolezza, che da quello delle emozioni e del comportamento. Non ultimo, la riflessione proposta verte su come ciò che è accaduto possa avere un nesso con la difficoltà che si vive nel presente. L’obiettivo è far sperimentare agli studenti che il presente, come anche il futuro, contiene sempre qualche elemento nuovo e non è la conseguenza meccanica di quanto accaduto in passato.
“Momenti scintillanti” è invece un’attività che si ispira ai lavori di Jill Freedman e Gene Combs (1996). Gli insegnanti raccontano la storia di un “momento scintillante” nella vita della classe che ha dato loro l’idea che il clima stesse cambiando. L’obiettivo è rievocare episodi in cui i comportamenti e gli atteggiamenti di insegnanti e studenti hanno portato a un miglioramento temporaneo o permanente del clima in classe.
“L’albero della vita” consente agli studenti di parlare delle loro esistenze in modo da essere più solidi nella consapevolezza di sé. L’esercizio consiste nel disegnare un albero che rappresenta la propria vita: partendo dalle radici (da dove vengo), ogni parte dell’albero rappresenterà un elemento che lo studente considera importante: persone speciali, luoghi, conoscenze, abilità. Analizzando l’albero della vita, propria e degli altri, si genera empatia e curiosità nell’altra persona, oltre che senso di appartenenza al gruppo, si impara a evitare la colpevolizzazione e a sospendere il giudizio quando non è costruttivo.
Nell'”albero dei problemi” invece si chiede agli studenti di identificare con tre frasi le principali sfide e problemi, insieme alle loro cause ed effetti. Come nelle altre attività, a seguire, si condividono le riflessioni nel gruppo classe.
La valutazione dell’esito di queste attività è affidata all’osservazione di insegnanti, famiglie e ragazzi stessi. E può essere solo parziale perché l’educazione è un seme che si sa quando si getta, ma non si sa quando e come fiorisce. È utile comunque avere parametri di riferimento per un’analisi scientifica, a uso degli esperti, che su questo tentativo stanno comunque lavorando.
Le carenze nell’apprendimento, l’alto tasso di dispersione scolastica, il calo della motivazione impongono di capire che cosa va cambiato nel sistema educativo-formativo. La sperimentazione trentina sulle character skills permette di valutare pregi e limiti della loro introduzione, ma darà sicuramente indicazioni utili a rispondere al bisogno di apprendimento dei giovani.
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