C’è attesa per capire se il tetto di 60 dollari al barile del petrolio russo (10% della produzione mondiale) deciso dall’Ue e e dal G7, con inizio il 5 dicembre e quello relativo ai prodotti raffinati previsto il 5 febbraio prossimo, avranno un impatto inflazionistico/di scarsità per i sanzionatori oppure no.
Il primo fattore da osservare riguarda il comportamento dell’Opec+: se questo cartello di produttori, a cui la Russia partecipa come membro aggiunto e non organico, restringerà la produzione il pericolo sarà minore. L’Opec è in stato di attesa. Gli Stati Uniti hanno migliorato le relazioni con l’Arabia, Paese leader dell’Opec, con un’azione recente di realpolitik: hanno concesso l’immunità al principe regnante saudita per un caso di omicidio di un dissidente. Washington, inoltre, temendo riverberi negativi sul prezzo dei carburanti in casa propria (e forse non volendo esasperare oltre modo Putin), pur essendo tra i massimi produttori, ha premuto per una sanzione “morbida” convergendo con le nazioni europee portatrici della medesima preoccupazione, fino al punto da far dichiarare a Zelensky che non servirà per definanziare lo sforzo bellico di Mosca.
La sanzione, infatti, permette alla Russia di vendere il greggio via nave non oltre la soglia dei 60 dollari al barile, con una variabilità che concede al venditore un profitto ridotto, ma comunque profitto. Questa parte della sanzione è in effetti morbida: la Russia oggi vende a 45-60 dollari al barile. Più dura è la parte della sanzione che riguarda il divieto di fornire servizi logistici e assicurativi al trasporto di prodotti petroliferi russi. Non è ancora chiaro se tale divieto comporterà sanzioni a un assicuratore cinese, indiano o brasiliano, ecc., ma essendo per lo più dell’area G7 i fornitori di servizi finanziari e di vario tipo senza i quali è troppo rischioso far viaggiare un carico, qui c’è una restrizione forte dell’export russo, corroborata da una vigilanza che potrebbe estendere sanzioni secondarie a nazioni o aziende violatrici. Mosca ha risposto che farà accordi diretti con i Governi importatori. Ma questi Governi rischieranno sanzioni secondarie e reputazione? Lo sapremo nei prossimi mesi.
Rischi per l’Italia? Al riguardo delle quantità il potenziale sostitutivo da altri fornitori c’è, anche se bisognerà valutare quello dei prodotti raffinati. Al riguardo dei prezzi c’è eventualmente il cuscinetto dato dal fatto che il prezzo dei carburanti è per circa la metà fatto da tasse rimodulabili.
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