In carcere succedono molte cose. Spesso purtroppo sono cose brutte; però non sempre. Quella del 30 novembre scorso va collocata tra le rarità imprevedibili e del tutto inattese.
Per chi sta fuori è forse difficile immaginare il clima delle sezioni dopo una certa ora. Una volta che verso le sei di sera il carrello della cena è passato è come se la vita si sospendesse: non si danno eventi di alcun tipo. In attesa della chiusura delle celle per la notte, un po’ tutti gironzolano nel corridoio chiacchierando, alcuni giocano a carte l’ultima partita della giornata, ci sono le tv accese. Arriva l’infermiere per distribuire le terapie serali a chi ne ha bisogno. Si aspetta solo che la giornata passi.
Invece è arrivato a Opera l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini. Il nostro cappellano lo aveva annunciato come una possibilità. Resi diffidenti agli annunci dall’esperienza, non c’era molta aspettativa. Ma questa volta…
Monsignor Delpini è venuto per registrare brevi momenti meditativi e di preghiera che vengono trasmessi in televisione per l’Avvento e lo ha voluto fare proprio qui, in carcere, con un gruppo di noi chiamati a rispondere, a cantare insieme a lui, a pregare sotto la sua guida. Siamo andati dunque in cappella – forse eravamo una quarantina – quando la giornata carceraria è già ampiamente finita, per ascoltare l’arcivescovo che rifletteva, che spiegava, che sollecitava. Incredibile il silenzio di tutti; incredibile l’intensità della risposta; incredibile la palpabile partecipazione. Non è durato molto: in poco più di un’ora sono state registrate sei “pillole di Spirito” – Eccellenza, ci scuserà: le abbiamo chiamate amichevolmente così tra noi mentre risalivamo alle nostre sezioni – ma un’ora così non si era mai data.
L’arcivescovo ha colpito per la notevole profondità dei concetti espressi con modi semplici ed efficaci. Ha portato l’attenzione sulla necessità di pregare e di trovare spazi per farlo, ha richiamato la necessità di vivere autenticamente la propria vocazione e stimolarne la scoperta in ognuno, ha ricordato la figura di Sant’Ambrogio come Maestro, ci ha condotti a contemplare l’Immacolata. Ogni “pillola” si è chiusa con una preghiera e sempre un pensiero per la pace: nelle famiglie, nelle persone, nelle carceri, nella società tutta; e ovviamente nei territori devastati dalle tante, troppe guerre in corso.
Bisogna davvero ringraziare monsignor Delpini perché ha avuto una idea meravigliosa, la Direzione e il personale della Casa di Reclusione per averla resa possibile, la Cappellania del carcere per il supporto organizzativo.
Ma c’è Qualcuno di più alto da ringraziare: è da Lui che vengono momenti come questi che dissetano il cuore e riempiono l’anima, che ci dicono con sicurezza che anche noi, anche qui, siamo amati di un Amore che non ha limiti e sa sorprendere. L’arcivescovo, emissario di quell’Amore, ci ha consegnato un preziosissimo regalo di Natale in anticipo: faremo tesoro delle sue “pillole”, Eccellenza. Ne stia sicuro.