Franco Debenedetti è intervenuto sulle colonne del “Corriere della Sera” per dire la sua sul suo amico Gianni Vattimo, alla luce della richiesta della Procura di condannare l’assistente di quest’ultimo, Simone Caminada, a quattro anni di carcere per circonvenzione di incapace. L’ha fatto attraverso una lettera al direttore del quotidiano, nella quale rivendica la sua amicizia cinquantennale con Vattimo e spiega il ruolo di Caminada nell’ultimo quadriennio.
“Dove è stato?”, si chiede. E fornisce subito la, anzi, “le” risposte: “Era a cercare di aggiustare il tubo dell’acqua che inondava il bagno. Era a cercare un appartamento da affittare a Sauze d’Oulx dove sfuggire al caldo torrido di agosto. Era a litigare (istigato da me) con il medico di base che non aveva mandato Gianni Vattimo a vaccinarsi per il Covid. Era a trovare le opere di Gianni (con qualche frizione con i suoi allievi diventati accademici) per l’opera omnia che avevo spinto perché fosse stampata dalla Nave di Teseo. Era al telefono con sua madre per convincerla a venire a dare una mano nell’interregno tra due badanti”.
GIANNI VATTIMO, PARLA FRANCO DEBENEDETTI: “NON CAPISCO L’ACCUSA A SIMONE CAMINADA DI AVER ISOLATO IL PROFESSORE”
Nel prosieguo della sua missiva, Franco Debenedetti sottolinea di non comprendere l’accusa mossa nei confronti di Simone Caminada di avere isolato il professor Gianni Vattimo, inducendolo a tagliare i ponti con quel gruppo di amici che fino a quel momento gli aveva garantito compagnia e sostegno. In realtà, scrive Debenedetti, Gianni “risponde al telefono, la sua casa, citofono permettendo, è aperta. Se volevano stare con lui da soli, bastava dirglielo. Questo prima: tutto cambia, naturalmente, con l’inconsulta decisione del ‘gruppo di amici’ di far pervenire le loro illazioni all’autorità giudiziaria, ciò che fece staccare la slavina che avrebbe, anzi ha portato al professore umiliazioni, preoccupazioni, difficoltà anche materiali: le amarezze degli ultimi anni di uno dei grandi filosofi italiani di fine Novecento”.
C’è poi il capitolo eredità, con Debenedetti che ha evidenziato come, prima che morissero entrambi tragicamente, i beneficiari dovevano essere i grandi amori di Gianni Vattimo, vale a dire Gianpiero Cavaglià e Sergio Mamino. “Gianni mi ha parlato più volte, come di cosa ovvia, della sua volontà di lasciare tutto a Simone Caminada – rileva Debenedetti –. D’altra parte, prima del divorzio, oltre alla legittima, si poteva pensare a esiti diversi; ma dopo il divorzio, chi oltre Simone può essere suo erede? Tanto generoso verso le persone, Gianni non dimostra particolari inclinazioni verso le istituzioni, non gli ho mai sentito parlare di Cottolengo”.