LE NOVITÀ SULLE INDAGINI ALLE COOP DI FAMIGLIA SOUMAHORO
Nella nuova puntata di “Non è l’Arena” di Massimo Giletti questa sera sono attese novità dalle indagini sull’intera vicenda Aboubakar Soumahoro, in particolare sugli intrecci tra le coop della suocera Marie Therese Mukamitsindo e gli scambi “finanziari” di quelle stesse cooperative (la “Karibu” e la “Consorzio AID”) all’estero. Nel frattempo però, le indagini giudiziarie della Procura di Latina proseguono nel tentativo di capire se vi siano stati illeciti nell’assegnazione dei bandi alla coop di aiuto migranti di proprietà della famiglia Soumahoro tanto nel Lazio quanto in Puglia.
Secondo quanto riportato da “Il Giornale” dalle carte emergerebbe anche un presunto legame tra la gestione tutt’altro che ineccepibile della cooperative “Meidhospes” di Roma, finita nella bufera anni fa per presunti legami con l’inchiesta di “Mafia Capitale”. «Era il 2017 quando Camillo Aceto, presidente della coop che al tempo si chiamava Senis Hospes – ed ex vicepresidente de La Cascina, con un avviso di garanzia attivo proprio in quel periodo – si aggiudicava il bando per la gestione del CARA al gran ghetto di Borgo Mezzanone», scrive “ilGiornale”. Il punto è che tra tutte le giuste battaglie portate negli anni da Soumahoro contro le gestioni ignobili di alcune realtà di cooperative per migranti, non vi sarebbe mai stato un esposto né un’accusa alla coop poi sbugiardata dall’inchiesta di Fabrizio Gatti per l’Espresso. Va ricordato che al momento gli unici capi di imputazione riguardano ancora la suocera di Aboubakar Soumahoro, indagata per truffa aggravata, malversazione e fatturazioni false: resta da capire se vi siano però irregolarità sul trattamento specifico agli ospiti delle strutture e sui bandi vinti in origine e poi quasi sempre riconfermati per diversi anni nelle regioni amministrate dal Centrosinistra in Lazio e Puglia.
LA MOGLIE DI ABOUBAKAR SOUMAHORO E LO SCAMBIO DI ACCUSE CON IL FOTOGRAFO DEGLI SCATTI HOT
In particolare, dopo le ipotesi di irregolarità sollevate dai media negli scorsi giorni sulle assegnazioni di bandi alle coop di famiglia Aboubakar Soumahoro, ha risposto in una intervista a “Lazio Tv” il prefetto di Latina Maurizio Falco: «Perché erano stati rinnovati gli incarichi alle coop Karibu e Aid? Il capitolato definiva in maniera chiara dal 2019 in poi quali fossero i limiti di carattere aritmetico, economico, per arrivare alla rescissione del rapporto. Quello che abbiamo dovuto fare è stato indicare i difetti più gravi riscontrati nelle ispezioni, dando però il tempo ai soggetti di riprendersi. Noi abbiamo sempre seguito i principi del capitolato e la legge». Secondo il prefetto inoltre, la “Karibu” era considerata «una sorta di fiore all’occhiello dell’accoglienza, perché nei primi tempi c’era il concetto di ‘accoglienza più integrazione’. Ultimamente però c’è stata una predominanza della mera accoglienza, in attesa di capire quali linee di integrazione sono possibili in questo Paese. Poi c’è stata la pandemia, per cui per due anni non è stato possibile fare ispezioni, anche se noi le abbiamo fatte lo stesso».
Resta da capire quanto invece emerso nelle carte d’indagine dove alcune ispezioni (come quella del Viminale nel 2018) avevano invece scoperchiato usi e malcostumi interni ad alcune strutture della “Karibu” che sono poi le stesse denunce fatte poi nel 2022 da ex dipendenti e ospiti contro le cooperative della suocera del deputato autosospeso di Verdi e Sinistra Italiana. Da ultimo, continua a tenere banco la vicenda parallela (e strettamente mediatica) sulle foto hot di Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro: diffuse nei giorni scorsi ma scattate anni fa, la donna figlia dell’unica indagata dalla Procura di Latina avrebbe denunciato il fotografo Elio Leonardo Carchidi per la diffusione di quelle foto. Contattato dall’Adnkronos, il fotografo respinge tutto: «Continuo a leggere sui media che la Signora Soumahoro mi avrebbe denunciato per avere diffuso sue fotografie senza veli, da me scattate, senza il suo consenso. L’accusa che mi si muove è del tutto infondata, come potrò dimostrare, ed ho conferito mandato all’Avv. Fabrizio Galluzzo affinché mi difenda nelle opportune sedi e tuteli la mia onorabilità e professionalità, lese dalle non veritiere notizie trapelate». Negli scorsi giorni era stata la stessa Liliane Murekatete ad attaccare a mezzo stampa tutti gli articoli su di lei riguardanti la vicenda coop-Soumahoro: «Adesso basta, porto in tribunale chi mi ha diffamato. Posso capire, senza giustificarli, gli attacchi politici, ma la narrazione della maggior parte dei giornalisti è stata improntata ad un teorema fondato sulla colpevolezza certa e manifesta, con buona pace della presunzione di innocenza: colpevole io, colpevole mia madre, colpevole il mio compagno».