“La Cina controlla i dissidenti all’estero”: l’allarme dalla Germania
Sulle pagine del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung si parla delle crescenti preoccupazioni per quello che il giornale definisce “il braccio lungo della Cina“. A lanciare l’allarme è l’agenzia tedesca per la protezione costituzionale che parla di un’ampio sistema di controllo e monitoraggio dei numerosi cinesi (in totale il giornale parla di 200mila persone, di cui 40mila studenti) che ogni anno lasciano Pechino per cercare fortuna all’estero. Per il controllo Pechino si affiderebbe alla sua intelligence, che collabora con aziende e associazioni cinesi con sedi all’estero, oltre che alle ormai note stazioni illegali di polizia cinese.
Secondo quanto rilevato dall’agenzia, il controllo esercitato dalla Cina sui dissidenti all’estero starebbe preoccupantemente crescendo, sia in termini di intensità che di aggressività e sarebbe più ampio di quello esercitato dai governi di Russia ed Iran sui loro dissidenti. Le vittime di questo intricato sistema di controlli e pressioni, invece, sarebbero per lo più attivisti democratici, scienziati, politici e, più generalmente, chi rischia di compromettere l’immagine pubblica della Cina e del Partito Comunista, esprimendo dissenso. E non è, d’altronde, la prima volta che qualcuno parla di questa vicenda, ed addirittura già nel 2019, in Germania, il partito Verde aveva chiesto un’interrogazione parlamentare, ottenendo dal governo solo una conferma del fatto che ne fossero a conoscenza.
Cina: “È un sistema di incentivi positivi e sanzioni”
A confermare le preoccupazioni in merito alle pressioni e al controllo che la Cina esercita sui dissidenti all’estero, sempre sulle pagine del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, è il sinologo (ovvero un’esperto del mondo e della cultura cinesi) Amburgo Kai Vogelsang, che sostiene che il partito cerca di limitare la libertà d’opinione “ben oltre i confini dello Stato”. Una preoccupazione alimentata ancora di più dalla decisione presa lo scorso marzo da Pechino di limitare gli ingressi e gli affari in Cina a chi faceva parte dell’Istituto Marcator per gli studi cinesi di Berlino.
Questa decisione ha reso i contatti degli studenti con i loro familiari in Cina pericolosi, perché le sanzioni avrebbero colpito anche loro se avessero avuto contatti con i loro parenti in Germania. “Per le persone che vi risiedono, i contatti con persone e organizzazioni sanzionate comportano un rischio personale”, spiega il sinologo, “il Partito Comunista lavora con incentivi positivi e con pressioni: da un lato, corteggia alcune persone ed elargisce compensi principeschi per pubblicazioni o conferenze. Dall’altro, i critici del sistema non ricevono il visto o vengono minacciati. L’arbitrarietà è una parte essenziale della strategia. Sei costantemente preoccupato che possa accadere qualcosa“.