Damian ha già un mese. Ha riacquistato peso. Quando è nato all’ospedale Nostra Signora di Altagracia a Santo Domingo pesava 2,77 chili. È stato ufficialmente designato come l’otto-miliardesimo abitante del pianeta. Negli anni ’50 del secolo scorso eravamo “solo” 2.500 milioni. Il salto è stato considerevole.
La nascita di Damian non ha provocato molto pessimismo neo-malthusiano. Forse perché tutti sanno che il tasso di crescita della popolazione rallenterà presto o perché ormai le teorie dell’economista e sacerdote britannico sono considerate superate. È vero che risorse come il cibo sono limitate, ma crescono man mano che vengono richieste. Negli ultimi 20 anni, miliardi di persone sono uscite dalla povertà e non siamo mai stati così vicini a sradicare la fame nel mondo.
Quando si è arrivati alla cifra “magica” di 8 miliardi, i discorsi anti-umanisti hanno avuto più eco. Per quanto sorprendente possa sembrare, in questo mondo in cui Damian è arrivato si sostiene che l’uomo debba scomparire come un volto disegnato sulla sabbia di una spiaggia. La formula è postulata da ecologisti radicali, da alcune aziende della Silicon Valley, da comuni rurali… L’uomo non deve essere considerato, come hanno fatto finora la scienza e la religione, né come il centro né come parte della creazione. È una forza innaturale che ha rotto l’equilibrio primordiale della Terra.
Su questa linea, già nel 2006, David Benatar nel suo libro Better Never to Have Been sosteneva che la preoccupazione che l’umanità non esista nel futuro è un sintomo di arroganza e sentimentalismo. La scomparsa degli uomini non significherebbe una grande perdita: “Cosa c’è di così speciale nel fatto che ci siano agenti morali e razionali nel mondo?”. È irrilevante che ci sia un’autocoscienza che comprende la natura e che conosce se stessa come qualcosa di differenziato.
Altri “pensatori meno radicali” di Benatar difendono la coscienza, ma non necessariamente individuale o necessariamente umana. Il progresso nell’elaborazione dei dati potrebbe essere quasi infinito in futuro e generare un’intelligenza cosmica, in cui “l’anima individuale” si identifica con lo “spirito del mondo”. Come nel panteismo indù. Un’altra soluzione sarebbe quella di trasferire la coscienza su un supporto che non sia fisico o integrarla nell’Intelligenza Artificiale, con forme di conoscenza che non siano influenzate dal male e dalla violenza, dai limiti della materia.
L’anti-umanesimo così formulato è sicuramente una stravaganza degli intellettuali. Ma riflette ciò che è nell’aria: un risentimento verso se stessi (ammettere un soggetto personale con coscienza significa ammettere qualcosa di dato); un nichilismo che ha smesso di essere tragico e che si esprime come sottomissione alla ragione tecnica o tecnologica. Sembra che l’unico io possibile sia l’io politico, quello di un’identità frammentata, destra o sinistra, che è concepita come protagonista di una qualche forma di egemonia o subordinazione.
Entro cinque anni, quando Damian dirà il suo nome, saprà che si riferisce a se stesso come qualcosa di diverso dai suoi genitori, dai suoi fratelli, dal mondo in tutta la sua estensione (giocattoli, uccelli, torte, palline…). Può crescere senza essere risentito, senza voler scomparire dalla biosfera e da ciò che la biosfera genera, senza aspirare a fondersi con un’intelligenza universale. Basta solo che qualcuno, accanto a lui, gli faccia capire la sorpresa e la curiosità che giocattoli, uccelli, torte, palline risvegliano in lui… più avanti altre persone. La sorpresa e la curiosità di essere già amato, già vivo, già scritto, prima di svegliarsi.
Damian, hai un mondo eccitante davanti a te, un mistero da scoprire!
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