“Il bel Renè“, “Il boss della Comasina“, “Il bandito dagli occhi di ghiaccio“. Così le cronache degli anni ’70 dipinsero il ritratto di Renato Vallanzasca, ex protagonista della mala milanese condannato a 4 ergastoli e 295 anni di reclusione per i suoi efferati delitti. In carcere da pluriomicida, mezzo secolo dietro le sbarre e una storia criminale iniziata quando era poco più che un bambino, Renato Vallanzasca oggi ha 72 anni e pochi mesi fa gli sarebbe stata negata la semilibertà perché ritenuto “ancora intemperante”. Secondo quanto ricostruito dall’Ansa, il Tribunale di Sorveglianza di Milano avrebbe rigettato l’ennesima istanza di Renato Vallanzasca motivando sostanzialmente in questi termini la decisione: “Non si è ravveduto e non ha risarcito le vittime“.
Renato Vallanzasca uno, nessuno e centomila: sempre lo stesso di allora, nella sua mancanza di ravvedimento secondo i giudici, ma anche bandito dai tanti volti a confezionare una storia efferata in cui si innesta la battaglia di sua moglie, Antonella D’Agostino, che nel 2018, davanti alle telecamere di Storie Italiane, aveva lanciato l’appello perché il marito potesse uscire dal carcere lasciandosi alle spalle una detenzione che, a suo dire, sarebbe un “accanimento”. Ma l’ex boss della Comasina, secondo la giustizia, non avrebbe mai mostrato resipiscenza. Per questo, e per tutta la scia di sangue che si porta dietro, gli sarebbe stata negata la possibilità di accesso alla liberazione condizionale o in subordine alla semilibertà, come chiesta dai suoi legali.
Renato Vallanzasca, dalla prima denuncia a 15 anni al fine pena mai
Nel ritratto firmato da Andrea Galli per il settimanale 7 del Corriere della Sera, si ripercorre la storia di Renato Vallanzasca come uno dei criminali italiani più famosi e impenitenti. L’ex boss della Comasina avrebbe incassato la sua prima denuncia all’età di 15 anni, nel tessuto di un’adolescenza in cui non sarebbero mancati piccoli furti e il vizio di marinare la scuola. Il nome di Renato Vallanzasca evoca un’epoca di sanguinosi fatti tra rapine, sequestri, omicidi e latitanza. Infine l’arresto del 1977, appena 27enne, e una frase diventata cifra della sua esistenza: “C’è chi nasce per fare lo sbirro, chi lo scienziato, chi per diventare madre Teresa di Calcutta. Io sono nato ladro“. Nel 2014, in costanza della semilibertà che gli era stata concessa, ricostruisce ancora 7, Renato Vallanzasca si sarebbe macchiato di un altro reato, un furto di mutande in un supermercato, e la misura gli sarebbe stata revocata. Nel 2022 il rigetto della nuova istanza.
All’età di 8 anni, scrive Adnkronos, “il bel Renè” avrebbe cercato di far uscire una tigre dalla gabbia di un circo vicino alla sua casa di Milano finendo così al centro dell’attenzione sul tavolo della polizia. Un episodio dell’infanzia per cui sarebbe finito nel carcere minorile Beccaria facendosi già un “nome” tra i soggetti da tenere d’occhio. A 15 anni la prima denuncia, riporta 7 citando un furto ai danni di un tassista, e poi l’idea di formare una banda, quella della Comasina, che avrebbe segnato un drammatico capitolo nel cuore della mala milanese. Nella vita di Vallanzasca avrebbero avuto un peso la presenza e il suicidio del fratello Ennio, figlio del padre e di un’altra donna, Rosa, che non era la madre dell’ex boss. “Uno dei momenti che per ammissione del bandito ne hanno segnato l’approccio alla vita”, scrive 7, perché per Renato Vallanzasca avrebbe rappresentato quasi un idolo, forse la sola figura a cui obbedire senza opporre resistenza o fare domande.