Daniela Rambaldi racconta il rapporto col padre Carlo
Daniela Rambaldi, ospite di Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, ricorda il padre Carlo, celebre professionista degli effetti speciali, nonché vincitore di tre premi Oscar. Ideatore di creature come ET, Alien e King Kong, Carlo è stato un uomo geniale e ricco di talento. Lo descrive con affetto e ammirazione la figlia Daniela su Rai1, rispondendo alle domande curiose della conduttrice.
“Ci sono delle immagini in cui si vede la testa di ET scoperchiata, con tutti i meccanismi. Io penso che quelli erano i meccanismi che c’erano nella testa di papà. Lo sguardo di RT era ispirato al nostro gatto e quando l’ho visto gli ho detto ‘È brutto ma è simpatico’.” In merito al rapporto padre-figlia, Daniela poi racconta: “È stato un papà speciale anche se poco presente. Mia mamma ha fatto da madre e da padre…”. (Aggiornamento di Anna Montesano)
Daniela Rambaldi, chi è la figlia di Carlo Rambaldi
Daniela Rambaldi, figlia del premio Oscar Carlo Rambaldi, sarà ospite di Serena Bortone nella puntata di oggi, martedì 13 dicembre, di Oggi è un altro giorno. Insieme ai fratelli Vittorio e Alex, Daniela è memoria vivente dell’opera del padre, tre volte premio Oscar per gli effetti speciali per “King Kong”, “Alien” ed “E.T. l’extra-terrestre”. In una recente intervista per i 40 anni del celebre film di Steven Spielberg, Daniela Rambaldi ha ricordato il padre sulle pagine di Repubblica: “Papà viveva letteralmente nel suo laboratorio, sembrava non prendersi mai una pausa. Creava continuamente, anzi, quando usciva portava sempre con sé il taccuino, quasi fosse un ingranaggio. Il suo tavolo di lavoro era tutto bruciacchiato, perché quando iniziava a disegnare accendeva la sigaretta, la poggiava, quella si consumava… e dopo se ne accendeva un’altra”.
Daniela Rambaldi: “Ecco come è nato E.T.”
Intervistata da Repubblica Daniele Rabaldi ha ricordato la genesi del celebre extraterrestre, E.T.: “Una sera, molto tardi, Spielberg lo chiamò al telefono e gli disse che aveva ‘a big problem’ col team americano. Si conoscevano, avevano già collaborato per Incontri ravvicinati del terzo tipo, dunque si fece mandare la sceneggiatura. Papà chiese dodici mesi per realizzare il tutto, dovette invece realizzarlo in sei mesi consegnandolo addirittura tre giorni prima. Lavorò incessantemente giorno e notte”. Daniela e i suoi fratelli furono i primi a vedere la statuetta di quello che è diventato uno dei personaggi più iconici del cinema: “Sulle prime non mi piaceva, quando però l’ha fatto girare su un cavalletto mi ha fatto ridere il suo fondoschiena, ricordava un po’ Paperino. ‘Brutto, ma simpatico’, pensai, ma non faceva affatto paura. Quella è stata la chiave del successo“.