LA VENUTA DI GESÙ BAMBINO NEL NATALE: LA STORIA CHE SI RIPETE
“Festa d’inverno”, tradizioni arcaiche pre-cristianesimo o anche un asettico “buone feste”: il Natale si può definirlo e chiamarlo in diversi modi, ma occorre prima o poi fare i conti con la storia (e con la verità). Gesù Bambino e la sua venuta nella stalla più umile del mondo rappresentano ancora oggi, 2022 anni dopo, l’elemento unico nel rendere assieme tradizione e novità, memoria e “sorpresa”, fede e carità. È ovvio, parlare di “Gesù Bambino” a ridosso del Natale non può che c’entrare con i miliardi di fedeli che nelle proprie famiglie si approcciano al presepe per commemorare quel “Bambinello” che facendosi “carne” ha salvato per sempre l’umanità: ma invece che soffermarci sui “regali” che il Gesù Bambino – alias Babbo Natale alias Santa Lucia alias chi volete voi – dona a tutti, proviamo a fermarci un attimo sul dono che è invece il Figlio di Dio celebrato ogni 25 dicembre.
«Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo»: così il Vangelo di San Luca fa memoria storica di cosa sia stato quell’evento in grado di stravolgere per sempre la storia dell’umanità. In termini di tradizione, per la Chiesa l’origine della figura del “Gesù Bambino” del Presepe che porta regali all’umanità deriva da San Francesco: di ritorno dal viaggio in Palestina e a pochi giorni dall’approvazione della sua Regola da parte di papa Onorio III, decide nella notte del 24 dicembre di celebrare il Natale nell’eremo gelido di Greccio professando la Santa Messa nel bosco. Nasce così il Presepe moderno (dopo apposita richiesta alla Santa Sede, ndr), un’adorazione di fatto “laica” che dona l’eternità di quel gesto al Bambino che ogni anno ricompare nella mangiatoia dei presepi in miliardi di case nel mondo.
GESÙ BAMBINO, PAVESE E LA PREGHIERA DI PAPA RATZINGER
Gesù Bambino è molto più che un “simbolo” o un “personaggio”: è innanzitutto l’incarnazione di un’attesa durata settimane nell’Avvento ma che in realtà è la rappresentazione dell’attesa che l’umanità ha provato nel corso dei secoli per Colui in grado di salvare il mondo. Un Re della storia che si fa però umile in una mangiatoia: una Verità che viene da un altro mondo per dare senso compiuto a questo di mondo, una Libertà che si svela nelle vesti di un piccolo bambino e che offre alla storia la possibilità di riconoscere che quello è il vero “Natale” dell’umanità. «Vi invito a pregare, davanti al presepio, perché il Natale del Signore porti un raggio di pace ai bambini del mondo intero, specialmente a quelli costretti a vivere i giorni terribili e bui della guerra, questa guerra in Ucraina che distrugge tante vite, tante vite, e tanti bambini. Ecco la benedizione dei Bambinelli», lo ha detto in un recente Angelus Papa Francesco volgendo lo sguardo da quel Gesù Bambino in arrivo al tormento che ancora oggi affligge tanti innocenti nel mondo.
Come scriveva Cesare Pavese nel “Mestiere di vivere”, «Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi»: un attimo, quello incarnato da Gesù Bambino nel Natale, che fa esclamare nei Vangeli «il Messia e Salvatore è nato». Per il Santo Padre, instancabile nel comunicare la bellezza libera di quel Bimbo giunto anche quest’anno nei presepi di mezzo mondo, l’Avvento è proprio il tempo per poter imparare «chi è davvero il nostro Signore. Ci aiuta a capire che Dio è sempre più grande di come lo immaginiamo». Durante la visita al “Bambino Gesù di Praga” nel settembre 2009, l’allora Papa Benedetto XVI rivolse questa preghiera per spiegare in maniera semplice di cosa si tratta davvero per questo Natale “in arrivo” dalla Terra Santa: «Come a Betlemme, anche noi con Maria, Giuseppe, gli Angeli e i pastori ti adoriamo e ti riconosciamo nostro unico Salvatore. Ti sei fatto povero per farci ricchi con la tua povertà: concedi a noi di non dimenticarci mai dei poveri e di tutti coloro che soffrono. Proteggi le nostre famiglie, benedici tutti i bambini del mondo e fa’ che regni sempre tra noi l’amore che tu ci hai portato e che rende più felice la vita».