Ali Agca, attentatore di Wojtyla da decenni “portatore” di una versione prismatica sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, dopo la lettera inviata a Pietro Orlandi, fratello della 15enne cittadina vaticana scomparsa nel 1983 a Roma, torna a parlare e lo fa con un racconto denso di accuse e di riflessi ancora più nebulosi. Le sue parole, in onda nella puntata di Atlantide trasmessa il 14 dicembre, sono arrivate in collegamento telefonico con il conduttore Andrea Purgatori e richiamano nuovamente il presunto coinvolgimento del Vaticano nel rapimento della ragazza.
Pietro Orlandi è intervenuto per rispondere a quanto descritto da Agca nel programma, dopo l’ennesima lettura degli eventi fornita dall’uomo che, nel 1981, attentò alla vita di papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. “Una verità sola: Emanuela Orlandi collegata con il terzo segreto di Fatima. Un gruppo di persone dentro il Vaticano ha organizzato questo rapimento. Sto parlando di servizi segreti, di poteri occulti. Doveva servire soltanto per ottenere la mia liberazione. Posso dire solo questo: se qualcuno in Vaticano vuole, Emanuela ritorna a casa domani“. Secondo Agca, dunque, Emanuela Orlandi sarebbe viva: “Se non è successo qualcosa di straordinario, un attacco cardiaco, Emanuela sta benissimo e nessuno le ha fatto del male, nessuna violenza, nessuna infamia. È in mano a persone oneste“. Da 40 anni, stando alla sua versione, la cittadina vaticana sarebbe in mano a persone “religiose, affidabili“.
Pietro Orlandi risponde ad Ali Agca
Pietro Orlandi ha ascoltato quanto dichiarato da Agca ad Atlantide, e ha risposto subito alla versione fornita da Agca: “Come fai a dire che mia sorella è viva, non ha subito alcun danno, che sei sicuro che entro l’anno torna a casa? Come fai a dire una cosa del genere?“. “Occorre fare pressioni sul Vaticano“, ha ribattuto l’attentatore di Wojtyla. “Chiedo a papa Francesco di far finire questa storia – ha dichiarato ancora Agca – liberate Emanuela Orlandi“.
Intervenendo sul suo racconto, il fratello di Emanuela Orlandi ha dichiarato che nella lettera l’uomo parli direttamente di Giovanni Paolo II “come mandante del rapimento“, un punto della missiva su cui Agca sostiene ci sia stato un “fraintendimento” perché “quando Emanuela è stata rapita, Karol Wojtyla era in Polonia per salvare il suo Paese dalla tirannia sovietica“. “Ormai milioni di persone maledicono il Vaticano – ha concluso Agca –, deve dire ‘basta con la menzogna’, deve gridare la verità ad ogni costo“. Pietro Orlandi ritiene che la versione di Agca, sostanzialmente, sarebbe “sulla stessa linea” del loro incontro del 2010 a Istanbul: “Emanuela rapita con mandante interno al Vaticano, questa volta parla direttamente di Wojtyla. Come le altre volte parla di un dossier segreto all’interno del Vaticano, ma forse lo pensiamo tutti quanti“.