A “Cronache criminali” il caso di Christa Wanninger
L’omicidio di Christa Wanninger, modella tedesca uccisa a coltellate nel 1963, insanguinò le cronache della “Dolce vita” e si consumò in pieno giorno il 2 maggio, in un palazzo di via Emilia a Roma. Un orrore sconvolgente a pochi passi da via Veneto, dietro le quinte di una Cinecittà in fermento che per molti profumava di Hollywood. Christa Wanninger sarebbe arrivata in Italia con il sogno di diventare un’attrice, ma le sue speranze si infransero sul pianerottolo dello stabile in cui fu trovato il suo corpo di 23enne, martoriato da diversi colpi di arma da taglio. L’alba di un giallo intricato e spaventoso nel cuore dorato della Capitale.
Il caso di Christa Wanninger, al centro della puntata di Cronache criminali di lunedì 19 dicembre, programma condotto da Giancarlo De Cataldo in seconda serata su Rai 1, fu uno dei delitti più scioccanti dell’epoca e, per carica di choc e riflessi oscuri sul jet set, precedette di 20 anni la vicenda di Terry Broome, aspirante modella statunitense che, nel 1984, uccise uccise Francesco D’Alessio a Milano. Passato alle cronache come il “mistero di via Veneto“, il delitto di Christa Wanninger catturò l’opinione pubblica e fu oggetti varie ipotesi. Prima dell’esito delle indagini, si scatenò quello che molti definirono un vero e proprio “toto-assassino”, una caccia all’identità del killer che si sarebbe conclusa molto tempo più tardi.
Christa Wanninger, la storia e l’omicidio nella “Dolce vita”
Christa Wanninger nacque in Germania nel 1940 e all’epoca della morte aveva appena 23 anni. Aspirante attrice, arrivò in Italia seguendo il sogno della “Dolce vita” e, giunta a Roma, sarebbe riuscita a ritagliarsi un percorso come modella prima che una scarica di coltellate (almeno 7 secondo la ricostruzione) mettesse fine ai suoi progetti di fare carriera sul set. Nel primo pomeriggio del 2 maggio 1963, mentre si recava a casa di un’amica, Gerda Hodapp, in via Emilia, arrivata sul pianerottolo fu attinta da una serie di fendenti che non le avrebbe dato scampo. Nonostante le urla e il trambusto dei primi soccorsi, l’amica di Christa Wanninger non avrebbe aperto la porta e questo avrebbe inizialmente destato sospetti su un suo coinvolgimento come complice dell’assassino. Arrestata, fu poi scagionata.
Per risolvere il giallo fu realizzato un identikit dell’uomo che alcuni residenti avrebbero visto uscire dal palazzo dopo il delitto. Tra gli elementi indicativi diventati tratti salienti della ricostruzione, il colore dell’abito che avrebbe indossato e per il quale fu ribattezzato dalle cronache dell’epoca “l’uomo in blu“. Nel 1988, all’esito di un percorso investigativo e giudiziario non privo di colpi di scena, un uomo sarebbe stato ritenuto il responsabile del delitto. Lo stesso che, nel 1978, era stato assolto per insufficienza di prove. Il suo nome è Guido Pierri, ricostruiscono Repubblica e Corriere della Sera, pittore finito nel mirino degli inquirenti per poi essere sottoposto a processo e infine restare libero nonostante il giudizio a suo carico. Per lui, infatti, niente carcere: benché considerato dai giudici autore dell’omicidio di Christa Wanninger, fu ritenuto non imputabile. All’epoca del fatto, secondo i periti, sarebbe stato incapace di intendere e di volere. Da tempo dedicatosi a nuova vita, sposato e padre di una figlia, sarebbe stato poi riconosciuto non pericoloso dalla giustizia.