L’omelia del funerale di Sinisa Mihajlovic è stata affidata al cardinale Matteo Zuppi, Presidente del CEI. “Ci stringiamo tutti intorno a Siniša, alla sua famiglia bellissima, alla moglie, Arianna, a Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nicholas, a Marko, alla mamma, al fratello, ai tantissimi che in tanti modi sono legati a lui”, così ha esordito questa mattina presso la basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma, in piazza della Repubblica. “Questo saluto doloroso ci lascia quasi increduli e ci fa provare l’ingiustizia e la forza del male che spegne la vita di un uomo nella pienezza della sua vita e con tanti programmi per il futuro (si immaginava diventare vecchio con tanti nipoti perché Siniša ha sempre volute una famiglia piena di vita)”.
Il parroco, nel corso dell’ultimo saluto all’allenatore, ha parlato della sua vita caratterizzata dalla lotta contro la leucemia e del rapporto con la fede. “La malattia, come tante circostanze in cui diveniamo improvvisamente piccoli, ci apre un’altra strada e ci fa pellegrini alla scoperta di sé. La piccolezza è via per conoscere sé stessi, gli altri e Dio. Siniša fece questa esperienza già negli anni terribili della guerra nei Balcani, quella che, come diceva lui, aveva un unico colore, il rosso del sangue delle vittime perché la guerra rende tutti cattivi ed è ingiusta per tutti”, ha ricordato.
Mihajlovic, omelia card. Zuppi: “Incontrò Dio in guerra”. La famiglia e lo sport
Il cardinale Matteo Zuppi, durante l’omelia, ha inoltre voluto sottolineare quali fossero i due più grandi amori di Sinisa Mihajlovic: la famiglia e il calcio. “Oggi siete tanti di tante squadre (dalla Roma alla Sampdoria, dalla Lazio all’Inter, dal Catania alla Fiorentina, dal Milan fino al Torino, nonché due volte il Bologna) ma oggi capiamo che poi alla fine il vero combattimento è con l’unica squadra che conta, che e quella dei Fratelli Tutti, dell’unica umanità, che deve combattere la difficile partita della vita perché contro il vero e grande nemico, insidioso, furbo, disonesto, ingiusto che e il male e i suoi tanti alleati. Ecco Siniša dava tutta la sua forza alla squadra”, ha affermato.
È proprio nei suoi ultimi istanti di vita che ha voluto dare per l’ultima volta il suo sostegno alle persone che amava. “La famiglia di Siniša era la sua squadra del cuore, da cui ha avuto il gioco più bello, e dalla quale è stato amato e protetto fino alla fine da loro che non hanno mai mollato, proprio come era e ha fatto lui. Guai a scappare da chi sta male! Quando succede umilia chi è malato e fa sentire la malattia una colpa! Fino alla fine, con la presenza instancabile di Arianna e di tutti. Poche ore prima di andare in ospedale giocava con Violante, la nipotina, che è stata luce e senso della vita che va oltre di sé e per questo gioia infinita e diceva: “mi sento felice”. E per la sua squadra dava tutto, non si tirava indietro, pagava di persona”.