Il 21 dicembre è noto che si celebri (seppur senza grandi festività effettive) il solstizio d’inverno, che nella tradizione celtica e pagana coincideva con la tradizione chiamata Yule, ovvero la festa della luce. Legata ad una serie di credenze sulla natura e sui suoi cicli rigenerativi, il 21 dicembre era il giorno in cui il Vecchio Sole moriva, per lasciare il posto al nuovo Sole Bambino, partorito in quella lunga notte dalla Grande Madre Terra, sposa del Sole. Nonostante questo tipo di tradizione sia stata superata, i nostri attuali festeggiamenti per il Natale hanno ereditato dalla festa della luce diversi aspetti.
Cos’è la Yule: la festa della luce
Yule si ipotizza che significhi Ruota, dalla parola norrena Hjòl, a richiamare il naturale ciclo che avviene in quella che è definita la notte più lunga dell’anno. Parte delle celebrazioni celtiche legate ai cicli della natura, al fianco della festa della luce si ponevano gli altri 7 sabbat che scandivano l’anno solare. Quattro Sabbat, quelli maggiori, erano legati alle attività nei campi, mentre gli altri 4 coincidevano con i nostri attuali Solstizi ed Equinozi. I festeggiamenti per la Yule si aprivano il 21 dicembre e duravano per i 12 giorni successivi, fino ai primissimi di gennaio.
Seppur sia legata alla notte più lunga dell’anno, però la festa della luce riguarda, appunto, la luce e la sua rinascita, che simboleggi l’apertura di un nuovo ciclo in cui la Natura sarà in grado di germogliare nuovamente. Durante la Yule, infatti, era tradizione “aiutare” la rinascita della luce, con tutta una serie di rituali. Il principale era l’accensione del focolare, che avveniva con una candela consegnata dall’uomo alla donna e trasportata attraverso l’oscurità, il punto di inizio della festa della luce.
Yule: le origini pagane del Natale
Insomma, la Yule rappresentava per i celti e i pagani a grandissime linee quello che per cristiani e cattolici sarebbe diventato la nascita di Cristo, ovvero il Natale. I romani erano già soliti festeggiare il Solstizio d’Inverno, mentre tra il 17 e il 23 dicembre si festeggiavano i Saturnalia, i giorni sacri legati al Dio Saturno. In questa occasione gli schiavi potevano sedere e mangiare al tavolo dei padroni, serviti dagli stessi, mentre era abitudine decorare le case con piante sempreverdi e c’era l’usanza di fare piccoli regali.
Le strade si riempivano di cittadini, tendenzialmente nudi, che cantavano cori goliardici e simpatici. Tornando alla Yule propriamente intesa, però, una delle sue principali tradizioni era l’accensione di un grosso ceppo di quercia o frassino, adornato con rametti di altre piante in base alle loro proprietà magiche. In Emilia Romagna e in Toscana questa tradizione è ancora piuttosto diffusa, soprattutto tra i contadini. Nei 12 giorni di Yule, inoltre, c’era anche la tradizionale decorazione dell’albero sempreverde (venne scelto l’abete per simboleggiare la fertilità), con frutta secca e candele. Infine, c’era anche una particolare credenza legata al vischio (portatore di magia per via della capacità di crescere senza radici) che veniva raccolto e messo in ammollo in un catino d’oro pieno d’acqua, per creare una sorta di panacea contro tutti i mali.