Boris Becker, ex tennista e vincitore per tre volte del torneo di Wimbledon, ha raccontato all’emittente tedesca Sat1 la difficile esperienza vissuta in carcere, dopo avere scontato i primi otto mesi di una condanna a 2 anni e mezzo in Gran Bretagna per bancarotta fraudolenta. Il campione, estradato in Germania, ha fatto ritorno nella sua città natale, Leimen e ha descritto l’inferno provato sulla sua pelle (le sue dichiarazioni sono state riportate dal “Corriere della Sera”, ndr): “In prigione non sei nessuno, solo un numero di matricola. Io ero A2923EV. A nessuno frega niente di chi sei”.
“Ho imparato una dura lezione, molto dolorosa, molto costosa – ha proseguito –. Ero solo un numero. Non mi chiamavo Boris Becker, ero un numero. E a nessuno frega nulla di chi sei. Credo di aver riscoperto l’umano in me, la persona che ero una volta”. Le difficoltà dei mesi trascorsi dietro le sbarre non si limitavano esclusivamente alla condizione insolita di “anonimato” che l’ex tennista si è trovato a fronteggiare: il cibo era di pessima qualità e veniva distribuito in quantità non sufficienti a sfamare i detenuti. In più, non erano presenti attività integrative e regnava sovrano un clima di violenza.
BORIS BECKER: “IL CARCERE MI HA INSEGNATO QUALCOSA DI MOLTO IMPORTANTE E UTILE”
L’ex numero uno al mondo a Sat1 ha riferito che in carcere ha appreso “una dura lezione, molto costosa e molto dolorosa. Ma l’intera faccenda mi ha insegnato qualcosa di molto importante e utile. E alcune cose accadono per una buona ragione”.
Da ultimo, Boris Becker si è voluto soffermare sul momento nel quale ha potuto abbandonare il penitenziario di Huntercombe, ubicato nell’Oxfordshire: “Dalle sei di quella mattina mi sono seduto sul bordo del letto e ho sperato che la porta della cella si aprisse. Sono venuti a prendermi alle 7.30, hanno aperto la porta e mi hanno chiesto: ‘Sei pronto?’. Ho detto: ‘Andiamo!’. Avevo già preparato tutto in anticipo”.