Rita Rusic, l’infanzia in un campo profughi: “Ci sono dei bagni dove tutti vanno”
Rita Rusic, in occasione della quarta puntata di Ti sento programma condotto da Pierluigi Diaco, ha ricordata la sua difficile infanzia in un campo profughi. Oggi imprenditrice di successo, ha passato momenti davvero molti difficili quando è arrivata in Italia insieme alla sua famiglia di origini istriane.
Rita Rusic ricorda molto bene come fossero strutturati i campi profughi, in cui ha trascorso parte della sua infanzia: “Il campo profughi è un luogo circondato da dei pali di legno, filo spinato e con delle guardie. E non si può uscire, non sei libero di uscire e di entrare quando vuoi. Puoi uscire solo se vai al lavoro o con i genitori. Eravamo il mio papà, la mia mamma, mia sorella ed io… Ci sono tutte case lunghe… Praticamente ogni famiglia ha una piccola stanza dove c’è tutto. C’è un tavolo dove puoi cucinare qualcosa, ci sono i letti a castello, dove dormono sia la mamma e il papà che i figli. Poi nel corridoio, nel mezzo di questa casa lunga lunga ci sono dei bagni dove tutti vanno”.
Rita Rusic e la violenza nel campo profughi: “Ogni notte sentivi la polizia”
Rita Rusic ricorda a Ti sento le atrocità e la violenza che ha dovuto respirare nel campo profughi, dove ha vissuto da bambina con la sua famiglia. L’ex concorrente del Grande Fratello Vip, ha raccontato: “Tanti ricordi prepotenti. C’era una violenza molto forte perché tutti noi profughi che eravamo lì, dovevamo sopravvivere.”
E ancora: “Quindi c’erano delle ragazze sole che si prostituivano,… c’erano dei padri che facevano prostituire la moglie, quindi litigate, botte, bambini picchiati. C’era molta violenza in questo senso… E poi ogni tanto di notte sentivi la polizia, sentivi dei rumori e poi la mattina vedevi la porta spalancata e non vedevi più le persone. Perché erano state portate via, rimandate nei paesi d’origine. L’immagine che un campo profughi provoca dentro di me mi fa pensare a tutto quello che abbiamo passato però mi fa pensare anche a tutto quello che si continua a passare per poter essere o diventare, un cittadino di un paese che non è quello tuo di origine”.