L’intesa Ue sul tetto al prezzo del gas, comunque raggiunta non all’unanimità, prevede che il meccanismo entrerà in vigore a partire dal 15 febbraio 2023, scatterà a 180 euro a megawattora al Ttf mensile di Amsterdam, con un differenziale di 35 euro rispetto al prezzo medio globale del Gnl e un tetto dinamico, e in caso di emergenza negli approvvigionamenti verrà automaticamente disattivato. In pratica, secondo gli esperti, il parametro su cui si basa sono i 35 euro sopra il prezzo medio del Gnl: i 180 euro, quindi, risultano dalla somma di 145 euro più 35.
Ma se il Gnl andasse, per esempio, a 170 euro e il Ttf a 250 euro a megawattora, il price cap sarà a 205 euro (170 + 35), mentre se il Gnl dovesse scendere sotto i 145 euro, il tetto resterà comunque a 180 euro. Questo meccanismo aiuterà a mitigare i prezzi dell’emergenza energia? Che impatto avrà su fornitori e approvvigionamenti? E ci saranno benefici per le bollette di famiglie e imprese? Lo abbiamo chiesto a Roberto Bianchini, partner Ref Ricerche e direttore dell’Osservatorio Climate Finance del Politecnico di Milano.
Come valuta il meccanismo del price cap?
È un meccanismo, di cui ancora mancano i dettagli tecnici più puntuali, che è frutto di un accordo politico. Che poi il price cap sia effettivamente lo strumento in grado di mitigare i prezzi dell’emergenza energia non è così immediato, anzi rischia di entrare poco in funzione.
Perché?
Se ci sono tensioni sul mercato europeo, queste si scaricheranno anche sul mercato del Gnl. Il price cap prevede una serie di caveat che non sono oggettivi, per esempio sulla rischiosità degli approvvigionamenti, che resta ancora oggi l’incognita maggiore.
Dopo l’intesa sul price cap, quale scenario si apre per i prezzi del gas?
Probabilmente, al netto di sconvolgimenti sul lato dell’offerta di gas o sul fronte dell’irrigidimento delle temperature, almeno fino alla fine dell’inverno ci si muoverà con una erta volatilità di prezzo, ma sostanzialmente con i livelli osservati negli ultimi mesi. Non mi aspetto grandi stravolgimenti. A fine anno termico, invece, sarà importante osservare a che quota saranno gli stoccaggi e come procederà nel corso del 2023 la nuova campagna di riempimento. Un fattore che potrebbe portare a nuove tensioni dei prezzi.
In tal caso, proprio in vista della nuova stagione di riempimento degli stoccaggi, dovesse verificarsi una corsa simile a quella dell’estate scorsa, quanto su invito della Ue tutti i Paesi si sono buttati a capofitto nella ricerca di gas, facendo schizzare i prezzi all’insù, il price cap potrebbe fornire un valido paracadute?
Potrebbe, ma bisognerà vedere a quel punto come si muoverà il prezzo del Gnl: in un mercato di risorse fungibili, un incremento di domanda in Europa non va a innalzare solo il prezzo al Ttf, ma anche del Gnl. Che ci sia uno scollamento importante fra le quotazioni del Ttf e del Gnl non è affatto scontato.
Non c’è il rischio che con il price cap la liquidità si sposti sui contratti Otc, diminuendo ulteriormente quella già esigua sui future scambiati al Ttf e dunque amplificando la volatilità dei prezzi?
Il fatto che il price cap si applichi ai mercati regolamentati e non alla totalità delle negoziazioni pone un potenziale rischio di dirottamento delle contrattazioni sul mercato Over the counter e quindi una minor liquidità e una maggiore volatilità. E se il prezzo finale è in larga parte determinato dagli Otc, diventa meno trasparente.
Secondo Stefano Besseghini, presidente Arera, i fornitori vorranno rinegoziare le condizioni commerciali, pretendendo un aumento, visto che poi, in caso di rincari, non potranno andare oltre una certa cifra. Il price cap potrebbe avere un pericoloso effetto boomerang?
Più che a una rinegoziazione vera e propria o a un’interruzione dei contratti ex ante, con l’entrata in vigore del price cap e con costi di approvvigionamento molto più alti rispetto al prezzo di vendita potremmo andare incontro a uno squilibrio economico-finanziario dei contratti.
Sempre secondo Besseghini, il price cap non porterà a un abbassamento dei prezzi. Nessun beneficio, quindi, sulle bollette di famiglie e imprese?
Non avrà impatto sulle bollette perché, entrando in vigore il 15 febbraio 2023, cioè al termine dell’anno termico, non inciderà sui consumi di famiglie e imprese nel corso di questo inverno.
Perché l’Italia si è intestata questa intesa sul tetto al prezzo del gas come fosse una vittoria?
Immagino ci sia più una componente politica che tecnica: il price cap dà un segnale ai fornitori che l’Europa tutto sommato ha una posizione comune e non è disposta a essere soggetta a estrema volatilità e a nuove fiammate dei prezzi del gas.
All’inizio lei ricordava che il nodo restano gli approvvigionamenti. Con il caso Qatargate Doha ha minacciato di tagliare i suoi rifornimenti di Gnl. Potremmo andare incontro a seri problemi di forniture di gas liquefatto?
La quota di Gnl che arriva dal Qatar in questi mesi è cresciuta dal 18% al 30% del totale, quasi raddoppiata. Ma in questo caso mi sembra una sorta di avvertimento la cui messa in pratica però non è così agevole né immediata. Questa situazione non fa altro che ricordarci che i Paesi che detengono la commodity sono paesi a forte rischio geopolitico e che possono sempre usare la fornitura di materia prima come leva per esercitare una pressione sui Paesi acquirenti. È avvenuto con la Russia, potrebbe verificarsi con il Qatar così come con l’Algeria. Dobbiamo imparare a convivere con questo rischio geopolitico e con il tema della diversificazione degli approvvigionamenti.
Il price cap potrebbe crearci problemi con questi fornitori alternativi alla Russia?
I contratti Gnl possono essere indicizzati al Ttf, ma possono essere anche a formule diversi, come prezzi spot o negoziati bilaterali. Non vedo grossi problemi.
Dovessimo però andare incontro a carenze nelle forniture di Gnl, altri Paesi potrebbero aiutarci a sopperire a questi tagli?
Nel breve no. Modificare gli approvvigionamenti non è facile, non è immediato. Ci sarebbero sicuramente problemi di sostituzione e tensioni sui prezzi.
(Marco Biscella)
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