EVA KAILI: “IO MAI CORROTTA. TRADITA DA GIORGI”. CARTE QATARGATE
«Eva Kaili non è mai stata corrotta e spero che la liberino presto»: lo ha detto Mihalis Dimitrakopoulos, l’avvocato della ex vicepresidente del Parlamento Europeo tra i primi 4 arrestati sullo scandalo Qatargate che sta continuando a scuotere i vertici Ue. In attesa della nuova udienza presso il giudice titolare dell’inchiesta in Belgio, Michael Claise, emergono diversi dettagli dal primo interrogatorio fatto alla politica greca accusata di corruzione, associazione a delinquere e riciclaggio. Gli avvocati di Eva Kaili hanno chiesto nell’udienza odierna la scarcerazione con la misura della sorveglianza con il braccialetto elettronico per la compagna di Francesco Giorgi, il primo che ha confessato il giro di affari e tangenti in arrivo giunte da Qatar e Marocco: «ha una figlia da cui tornare, non vuole scappare. Noi rigettiamo tutte le accuse, non è mai stata corrotta». Stasera è prevista la decisione dei giudici mentre la Procura Europea ha chiesto ufficialmente il ritiro dell’immunità parlamentare per Kaili.
Chi ha chiesto di sua sponte di poterla tranquillamente sospendere l’immunità è Andrea Cozzolino, europarlamentare Pd citato sia da Kaili che da Panzeri negli interrogatori come personaggio chiave nel tentativo di influenzare le votazioni in favore di Qatar e Marocco: non è indagato ma per garantire la sua versione l’europarlamentare sospeso dal gruppo S&D e dallo stesso Partito Democratico ha spiegato ieri in una nota «Da oltre una settimana sono chiamato in causa sulla stampa nel Qatargate sulla base di sospetti e illazioni, pur non avendo ricevuto alcun avviso o comunicazione giudiziaria da parte delle autorità inquirenti. Essendo tale condizione ingiusta e mortificante, ho dato incarico ai miei avvocati di presentare al giudice istruttore belga, Michel Claise, una formale istanza con la quale, pur dichiarandomi estraneo ai fatti, chiedo di essere sentito per contribuire all’accertamento della verità, rinunciando a tal fine alle guarentigie dell’immunità parlamentare». Tornando all’audizione sul Qatargate tenuta dalla Procura con Eva Kaili sono diversi gli elementi che emergono oggi, secondo i verbali pubblicati in ampi stralci dal “Fatto Quotidiano”: «Panzeri èrima del Covid aveva lasciato dei soldi e poi è venuto a prenderli. Si fida più di Francesco (Giorgi, ndr) che del suo appartamento», ha spiegato l’ex vicepresidente dell’Europarlamento. Tramite i propri avvocati Kaili fa sapere di essersi sentita tradita da Giorgi in queste prime settimane di inchiesta Qatargate esplosa a livello mediatico: «Kaili si fidava di Giorgi, ma lui l’ha tradita», spiega l’avvocato, mentre la stessa politica greca racconta di non conoscere le attività svolte dal compagno insieme a Panzeri, anche se quest’ultimo «chiedeva continuamente l’aiuto di Francesco. Io non mi fidavo delle attività svolte dal mio compagno con Panzeri e Cozzolino, ma Francesco non sapeva dire di no, lui era troppo gentile. Io forse avrei dovuto dire qualcosa perché sono più anziana».
QATARGATE, SPUNTA IL NOME DI MAMEDOV: CORROTTO DA IRAN E RUSSIA?
Nel corso dell’interrogatorio sul Qatargate Eva Kaili fa poi diversi altri nomi legati, secondo lei, al presunto giro “sospetto” di tangenti dal Qatar (e non solo): «chi era coinvolto? Maria Arena, Marc Tarabella, Andrea Cozzolino», ma cita poi anche diversi altri funzionari e parlamentari, come «Alessandra Moretti e Brando Benifei», entrambi del Pd. Kaili non parla di tangenti né di corruzione e prova a minimizzare sul coinvolgimento di tutti: «Posso dirvi che se volevo avere un consiglio nel mondo politico avrei chiesto a Francesco di chiamare Antonio. Io non so se hanno ricevuto dei soldi, potevano viaggiare in Qatar o Marocco, organizzava le missioni di verifica ma penso che la maggior parte erano delle missioni ufficiali, io non sono a conoscenza di regali». Gli eurodeputati PD Moretti e Benifei restano comunque non indicati come complici nella confessione di Kaili sul Qatargate; sono citati nella domanda dell’inquirente ma la vicepresidente nega il loro coinvolgimento negli scambi economici o di regali.
Nel frattempo nel vasto mare di carte e filoni che partono dall’inchiesta Qatargate emerge un nome in particolare che potrebbe “allargare” il presunto giro di tangenti in ambito europeo: ne parla oggi Bresolin su “La Stampa” facendo il nome emerso dagli inquirenti di Eldar Mamedov. Consigliere politico del gruppo dei socialisti-democratici (S&D), è detto “l’iraniano” in quanto con diversi legami con il Regime di Teheran: «Il funzionario era già nel mirino degli inquirenti per una serie di atteggiamenti sospetti, come quel “cinque” dato al suo amico Francesco Giorgi dopo il voto sulla liberalizzazione dei visti per il Qatar. Ma ora c’è una segnalazione formale all’autorità giudiziaria, fatta dal segretariato generale del gruppo S&D, d’intesa con i servizi di sicurezza dell’Europarlamento», rivela “La Stampa”. I presunti regali ricevuti dal Qatar sono però solo la punta dell’iceberg che vede Mamedov potenzialmente coinvolto nel Qatargate per affari molto più ampli: diversi in Parlamento Ue lo ritengono un agente al servizio dell’Iran, ha lavorato però per 15 anni nel Parlamento Ue come consigliere dei socialisti dopo essere stato diplomatico per il ministero degli Esteri lettone. Avrebbe cercato di influenzare alcune risoluzioni per “difendere” Iran e Russia, compresa l’ultima che poneva Mosca come “sponsor del terrorismo”: S&D in primo luogo non aveva sostenuto il testo, salvo poi cambiare linea in quanto i parlamentari temevano di essere bollati come filo-Putin. Eva Kaili si era astenuta, i dem Andrea Cozzolino, Pietro Bartolo e Massimiliano Smeriglio avevano votato contro.