E’ passato quasi un anno da quando Paolo Calissano è morto. Era infatti il 31 dicembre del 2021 quando l’attore venne ritrovato nel suo appartamento in Roma, alla Balduina, privo di vita. Un decesso che come spesso e volentieri accade, non ha mai trovato una vera spiegazione, e a cercare di fare un po’ di chiarezza ci ha pensato il fratello, Roberto Calissano: «Vorrei liberare la memoria di Paolo dallo stigma della tossicodipendenza», esordisce ai microfoni del Corriere della Sera, aggiungendo: «Il pm che ha indagato per undici mesi sulla sua morte aveva disposto un esame tossicologico molto approfondito. La conclusione è stata che mio fratello non è morto a causa di stupefacenti, ma per un’intossicazione da farmaci antidepressivi».
Paolo Calissano si è quindi tolto la vita: «Quella sera Paolo accettò il rischio di morire, molto probabilmente. Suicidio? Mai avrei pensato di dirlo, ma credo sia andata così. È molto doloroso per me ammetterlo». Per la morte di Paolo Calissano è stata aperta un’indagine per omicidio colposo: «Quell’indagine ha fatto un pezzo di strada – ha commentato il fratello Roberto – nel frattempo ne sono state aperte altre presso altre Procure. Ma, certo, se si fosse indagato sulle diverse possibili motivazioni relative alla morte e sul suo stato d’animo, forse, si sarebbe sciolto questo enigma». Il fratello dell’attore non vuole però sbilanciarsi sulle ipotesi di reato formulate dai pm: «Ci siamo impegnati a non rivelarlo prima della conclusione, ma basti sapere che sono state ricostruite le difficoltà patrimoniali di Paolo».
PAOLO CALISSANO, FRATELLO ROBERTO: “LO SENTII IL 19 DICEMBRE L’ULTIMA VOLTA”
E ancora: «Fabiola (Palese, ex compagna di Paolo Calissano ndr) fa parte dei nostri affetti, il suo dolore è stato fortissimo. Allora si disse perfino che Paolo fu ritrovato in stato di decomposizione. Oggi l’indagine ha chiarito che in realtà era morto da poco, nella notte fra il 29 e il 30 dicembre. L’abbandono è stata una fantasia di alcuni media». L’ultima volta che Roberto aveva sentito Paolo Calissano era il 19 dicembre: «Non gli feci abbastanza domande, forse. Tutto rimase nella sfera del non detto».
Poi Roberto ha concluso: «Non riusciva a lavorare. Aveva scritto tre sceneggiature. Le ho lette. Sono molto belle. Una era autobiografica, raccontava una storia in una comunità, La foresta dei pini d’argento. Mio fratello era capace, appassionato… Aspirava al diritto all’oblio. Invece i motori di ricerca continuavano a risputare fuori quell’episodio legato al consumo di stupefacenti. Non riusciva a liberarsene. Lavorare era diventato impossibile. Perciò almeno oggi, dopo la sua morte, vorrei che fosse fatta un’operazione verità nei suoi confronti».