Scioccante. Questo il termine che viene attribuito al «grado di comprensione dei mercati finanziari e dei sistemi economici» da parte di Francesco Sylos Labini nella sua prefazione all’edizione italiana del testo Previsioni di Mark Buchanan.
Continuando nella lettura emerge come l’essere «scioccante» sia dimostrabile nell’evoluzione della crisi iniziata nel 2007-2008 «le cui manifestazioni hanno assolutamente preso alla sprovvista i professionisti dell’economia» che «non si aspettavano l’evento della crisi, né la recessione e i suoi effetti a lungo termine sull’economica globale». Oggi, a distanza dall’ormai lontano 06 luglio 2014 (data della prefazione), quello stesso incipit potrebbe essere ripresentato come premessa a questo nuovo anno.
A posteriori, infatti, se si ha la volontà nel tornare a ritroso consultando le innumerevoli dichiarazioni degli illustri attori (protagonisti) economici e finanziari emerge verosimilmente un effettivo giudizio «scioccante» sulle medesime valutazione divulgate che, con il trascorrere delle settimane, hanno poi concretamente riscontrato in un comune epilogo: l’errore. Inutile, poi, contare i casi di coloro che nel cosiddetto ambito previsionale hanno azzeccato (o dicono di averlo fatto) più di altri. Su questi ultimi soggetti (per lo più sconosciuti) resta comunque un velo di curiosità poiché sarebbe interessante conoscere chi ha riposto fiducia. Molto probabilmente in pochi, come anche pochi sono stati i vari profeti che hanno deliziato le platee mediante le loro (pre)”visioni”.
Oggi noi stessi non vogliamo adombrare la luce degli allora (si immagina con l’aggiunta di nuovi) illuminati finanziari, ma riteniamo comunque opportuno fornire utili indicazioni che, se confermate con i numeri generati dai mercati internazionali, potrebbero soddisfare l’investitore.
Rispetto a un anno fa il sentiment è assai diverso. Proprio per quell’effetto «scioccante», la finanza e i suoi collaterali sembrano aver subito un pesante e inatteso aggiornamento dei loro paradigmi funzionali. Chi avrebbe previsto un crollo di venti punti percentuali in capo alla più conservativa (rif. obbligazioni) tra le asset class soprattutto dopo un già negativo 2021? E guardando oltre, chi avrebbe potuto immaginare un parallelismo tra le performance negative di quest’ultima e la contrapposta e più rischiosa componente azionaria?
Di certo, le avvisaglie per un cedimento strutturale dell’intero costrutto economico-finanziario potevano essere percepite mediante un’attenta analisi di innumerevoli variabili che, duole ammetterlo, costa di molta pazienza e ancor più di fatica se si parte dalle risultanze economiche per poi giungere ai più immediati prezzi finali. Indubbio è il sacrificio, ma, come spesso accade, i risultati (se effettivamente conseguiti) comportano una gratificazione che il solo corrispettivo monetario non riesce in alcun modo ad eguagliare.
Pertanto, a conclusione dell’inaspettato andamento dei mercati finanziari nel corso del 2022, leggere – oggi – una sintesi a posteriori dell’ormai accaduto non soddisfa, ma, invece, è innegabile riprendere (senza enfasi) come per il mercato azionario «la conferma degli attuali livelli di prezzo appare poco sostenibile» e, ancora, il «contrapposto comparto obbligazionario dovrà superare la cosiddetta prova del nove: tenuto conto dei timori sull’inflazione e delle inevitabili conseguenze sulle prospettive di un intervento sui tassi di interesse i corsi dei bond potrebbero subire un ulteriore indebolimento». Era inizio gennaio 2022. Se, poi, incuranti di ogni forma di prudenza predittiva ci si spingeva incautamente anche oltre andando a osservare le più ostiche commodities: «Le materie prime potranno beneficiare di un possibile allungo qualora si verificasse un sell off sulla componente azionaria. Nuovi massimi di periodo potrebbero concretizzarsi entro la fine del mese e, a spingere lo stesso benchmark CRB Index, potrebbe arrivare un contributo dal paniere energy: non solo dal petrolio, bensì da un significativo upside del gas naturale». Il quadro di insieme era completo.
Però, ora, è opportuno giungere al dunque dopo aver riportato queste oggettive evidenze. Per il 2023 quali sono le previsioni? Nessuna. Come nostra abitudine forniamo i potenziali obiettivi (rialzisti e ribassisti) che ciascun sottostante potrebbe registrare nel corso dell’anno. Rispetto, però, ai consueti outolook mensili, questa volta abbiamo sintetizzato l’intera matrice informativa comunque riconducibile alle principali asset class. Sicuramente questa nuova e sintetica view permetterà un miglior focus senza trascurare l’analisi di eventuali opportunità che potrebbero concretizzarsi (per esempio, listini azionari, obbligazionari, metalli).
Nonostante questo ermetico approccio riteniamo, comunque, doveroso proporre una possibile chiave di lettura per il 2023 che verrà. In ottica strategica il mercato obbligazionario inizia a essere interessante (rif. yield to maturity medio) prescindendo dalle prossime mosse di politica monetaria: attualmente, un ingresso frazionato nel corso dei mesi, rappresenta il miglior approccio. L’asset class azionaria, invece, sembra voler consolidare la costruzione di un potenziale scenario e, pertanto, un eventuale posizionamento in questa fase iniziale di 2023 appare inopportuno. Guardando alle materie prime: salvo eventi nefasti risultano complessivamente indebolite soprattutto nel comparto energy, mentre il basket metalli potrebbe beneficiare di un ritrovato ottimismo in dote ai cosiddetti preziosi (oro e argento).
Ovviamente, sarà nostro impegno aggiornare ciascuna view in base all’evoluzione puntuale dei mercati finanziari di riferimento senza trascurare elementi soggettivi (rif. dichiarazioni, osservazioni, ecc.) continuando, però, a privilegiare un approccio con base di partenza dai soli numeri e punto di arrivo alle parole dette.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.