Mentre in Brasile Lula da Silva ha ufficialmente iniziato il suo difficile mandato – la cerimonia dell’insediamento ha registrato la mancanza sia di molti Capi di Stato stranieri che di altrettanti Governatori di Stati brasiliani – con il crollo sia del cambio che della Borsa di Sao Paulo (la più importante del Paese), in Argentina il Governo kirchnerista di Alberto Fernandez continua a operare con azioni anticostituzionali per modificare non solo l’operato e la composizione della giustizia, ma anche perseguitando la stampa che ha indagato e avuto il torto di esprimersi giudicando l’operato del presidente. Siamo quindi di fronte, come avevamo già anticipato, a una serie di importanti movimenti che, in ambedue gli importantissimi Paesi, mettono alle strette la democrazia e aprono la porta al potere populista più sfrenato.
Abbiamo già analizzato quale sia la situazione in Bolivia, Colombia, Cile e Perù e in tutti i casi la “forzatura” politica citata risulta molto evidente, ma ora vediamo di esaminare nei particolari quello che accade nei due Paesi principali del Continente latinoamericano. Dicevamo della cerimonia di insediamento di Lula: da notare ci sono anche due particolari del protocollo che, modificati, hanno aggiunto un alone di mistero a questa presidenza. In primis la fascia che, nel corso della manifestazione, l’incaricata (non il suo predecessore Bolsonaro, che ha rifiutato di presenziare all’atto) ha passato a Lula da Silva non è quella presidenziale e questo ha sollevato critiche molto profonde: successivamente si è fatto notare che Lula non ha intrapreso la salita della scala del Palacio do Planalto (sede della presidenza) di Brasilia, come previsto nel cerimoniale di tutti i presidenti brasiliani finora, per il semplice motivo che il capo della sicurezza delle Forze armate ha dichiarato ufficialmente che questo atto, che mette in pratica l’inizio del mandato, potrà essere eseguito solo dopo che gli sarà stato consegnato il Codice Font sulle elezioni, in pratica il rapporto completo che certifica ufficialmente il regolare svolgimento delle stesse e il loro risultato.
Secondo molti osservatori, seppur alla fine la situazione avrà per Lula esito favorevole, questo ulteriore input dimostra come il suo mandato troverà un cammino irto di difficoltà e non solo perché il controllo delle Camere è fortemente nelle mani dell’opposizione, ma pure per le dichiarazioni contraddittorie su molti temi del suo programma rilasciate dal diretto interessato.
Uno dei pochi capi di Stato presenti a Brasilia era l’argentino Alberto Fernandez che, dopo aver dichiarato di come i due Paesi avranno una moneta unica, immediatamente smentito dal ministro delle Finanze brasiliano, si è pure lasciato scappare uno sfondone storico, paragonando Lula a Perón e non solo per i suoi tre mandati presidenziali.
La cosa non è stata molto gradita non solo in Brasile, ma pure in un’Argentina che, nella sua grande maggioranza, prega perché il mese di ottobre (con le elezioni presidenziali) si possa realizzare quello che, dopo i magistrali fallimenti del Governo attuale, risulterebbe essere un momento storico atteso da tanto tempo: la scomparsa o, più probabile, fortissima riduzione del perokirchnerismo sulla scena politica.
Le ultime manovre politiche hanno ampiamente dimostrato come non solo siamo in presenza di una lotta interna tra peronismo e kirchnerismo, ma anche di una sostanziale disperazione al potere che si è spinta al punto di portare il presidente a infrangere apertamente la Costituzione e entrare pesantemente nell’apparato giudiziario tentando, molto platealmente, di portare un’ingerenza al suo interno dando l’assalto ai componenti della Corte Suprema con l’intenzione di cambiarli inserendo candidati ultrakirchneristi che, se la manovra andasse in porto, metterebbero la giustizia a completo asservimento del potere politico.
L’opposizione si è chiaramente espressa contro tutte queste manovre e parla apertamente di un “golpe blanco” istituzionale. Ciò è chiaramente dovuto all’ancor grande influenza che la vicepresidente Cristina Kirchner esercita nel potere e che è esplosa dopo la sentenza della Corte che l’ha condannata (in uno dei 6 processi che deve affrontare) non solo a 6 anni di reclusione e a un risarcimento miliardario allo Stato, ma pure all’interdizione, a partire proprio dalle prossime elezioni, dalla funzione pubblica.
La cosa imbarazzante e anche metafisica (ma trattandosi di Argentina pare normale) è che nelle sue farneticanti dichiarazioni fornite attraverso video sui social, la stessa si dichiari una perseguitata politica anziché una persona che ha avuto un processo ed è stata condannata in primo grado con una quantità di prove schiaccianti.
Tutto questo accade mentre, dopo la figuraccia rimediata dal potere politico a seguito della decisione della Nazionale di calcio (vincitrice del Mondiale) di non incontrare il Governo per celebrare la vittoria, il Paese sprofonda sempre di più in una crisi che si sta rivelando la peggiore della sua storia e non solo per l’oltre 90% di inflazione annua, ma anche per salari che ormai, nella maggior parte dei casi, non sono sufficienti per arrivare a fine mese pure per gli aumenti stratosferici dei prezzi.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.